Le formazioni e le fondazioni che si affacciano sulla scena politica nazionale, da Fini a Montezemolo, si fregiano nella loro denominazione della parola “futuro”. Ma non può esserci futuro senza la conoscenza, il rispetto e la valorizzazione del passato, specie in Italia. Il crollo dell’Armeria dei Gladiatori a Pompei testimonia una semplice verità: ciò che siamo siede sempre accanto a noi. E prima o poi presenta il conto.
La Schola armaturarum juventis pompeiani, la palestra degli atleti di Pompei, aveva resistito al Vesuvio, al Medioevo, alle guerre e al climate change, ma di fronte a Bondi e Bertolaso proprio non ce l’ha fatta e le sue macerie, come la vicina monnezza di Napoli, sono la più possente metafora visiva del collasso morale, politico e culturale di una classe dirigente interessata a ben altri fori. I continui tagli alla cultura operati dal commercialista Tremonti e la gestione dissennata dei pochi fondi disponibili lasciano allegramente marcire il più grande patrimonio artistico del mondo, tra un festino e un altro.
La colpa adesso sarà attribuita alle infiltrazioni della pioggia, fenomeno nuovo e imprevedibile, e l’antica saggezza popolare saprebbe già come rispondere, qualificando il governo in modo molto pertinente. Da decenni non solo non costruiamo niente di bello per le nuove generazioni, ma non riusciamo neanche a conservare decentemente quello che abbiamo ereditato: le spalle dei giganti si piegano sotto il peso dei troppi nani. Non osiamo pensare poi se il crollo fosse avvenuto in orario di visita, con custodi, turisti e scolaresche.
A proposito di sepolture, ieri sera il Tg1 ha pensato, come al solito, di seppellire nella scaletta la notizia scomoda dello sgretolamento di Pompei, dopo il solito delitto di Avetrana (quattro servizi), il Papa, Fini e Bersani. Rimaniamo in fiduciosa attesa di una coraggiosa inchiesta di Minzolini che faccia luce sulle responsabilità del crollo, aiutando gli scorati telespettatori ad orientarsi tra sovrintendenti, commissari e protezione civile che si sono alternati nella “gestione” dell’area, pronti adesso al solito balletto.
Come sappiamo, i successi hanno tanti padri (ultimamente, uno in particolare) ma gli insuccessi sono sempre orfani. La colpa sarà quindi dell’incuria complessiva, dell’andazzo generale, di un appaltatore, della camorra, degli smottamenti di un terrapieno, della pioggia, degli alieni. Sono proprio lontani i tempi dei gladiatori, che affrontavano i loro nemici dopo durissimi addestramenti e pagando personalmente le loro sconfitte. Oggi la loro memoria è affidata a Bondi: mentre perdeva tempo scrivendo improbabili versetti su Vanity Fair, la Domus lentamente si sbriciolava, in un Paese che ha perso il contatto con sé stesso, talmente assorbito da ciò che vorrebbe essere da dimenticare ciò che realmente è.
Ci saranno altri modi, se vorrete
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Questo posto dell’Espresso – che non aggiornavo da molti giorni, e me ne
scuso – finisce qui dopo 15 anni esatti: pensate che quantità mostruosa di
sciocch...
4 anni fa