mercoledì 29 giugno 2011

Sansone Sansonetti

Tra i vari personaggi in cerca d’autore che popolano i talk-show politici, ora fortunatamente chiusi per ferie, ce n’è uno che brilla per pirandelliano estro creativo: è Piero Sansonetti. Perfetto prototipo estetico del giornalista di sinistra, è spesso chiamato da “Porta a porta”, “Matrix”, “Zapping”, complemento d’arredo ideale per la scenografia politica: barba incolta e brizzolata, capello arruffato, giacca di velluto stazzonata.

Manco a dirlo, le esternazioni del suddetto risultano spesso curiosamente funzionali alla causa della parte avversa: una manna dal cielo per i vari Vespa, Vinci e Forbice, ai quali non pare vero di poter ospitare una reincarnazione di Bertinotti e della gauche salottiera che, in realtà, conciona e arringa a senso unico, in accorata difesa delle istanze del principale.

Frutto avvelenato della par condicio, il nostro accumula gettoni di insperata visibilità, grazie all’atteggiamento furbescamente gattopardesco che, nei suoi interventi, gli fa sempre dare cinque colpi al cerchio e uno alla botte (le apparenze vanno pur salvate). Passata la sbornia dei referendum, sarebbe bello, nella prossima stagione, lasciare al loro destino questi talk-show da legge Merlin, i loro tenutari e i tristi comprimari che li affollano.

Simili trucchetti catodici sanno di muffa, di marcio e, soprattutto, noi non abbiamo più tempo da perdere. Come Sansone, l’eroe biblico che, una volta privato della sua capigliatura, perse la sua forza prodigiosa, un Sansonetti qualsiasi, privato della barba, perderebbe la sua unica ragione di esistere televisiva: finalmente glabro, potrebbe fare outing e dichiarare apertamente la sua passione berlusconiana. Di fronte, stavolta, a una platea vuota.