domenica 30 novembre 2008

Il Paese reality


La vittoria di Luxuria all'Isola dei Famosi ha scatenato la solita sociologia a buon mercato e i consueti titoloni strillati a vanvera. Lei parla di "vittoria contro i pregiudizi". Esultano le associazioni per i diritti di gay e trans. Ferrero vuole candidarla alle Europee. E per Liberazione "è come Obama". A noi ricorda di più Putin, visto che sono tutti e due comunisti e si chiamano pure Vladimir.

Luxuria, forse in buona fede, crede che la sua affermazione dipenda da una rivincita della diversità contro conformismi e discriminazioni. Pensiamo che sia stata solo una buona scelta di casting. Il "Paese reale", caro al vecchio Pci, si atrofizza nel "Paese reality". La televisione, blob informe e gelatinoso, divora così battaglie giuste, come quelle per i diritti civili.

Il cinismo catodico mette lì Luxuria in quanto transgender. Al suo fianco, la tettona, il disadattato, la contessa decaduta, il playboy gerontofilo. Come in The Elephant Man, la diversità fa notizia, la deformità attira le masse. Figurine utili allo scopo. Ma non illudiamoci che i finti naufraghi dell'Honduras creino chissà quali nuove consapevolezze.

Qualche anno fa, venne eletta una Miss Italia di colore, Denny Mendez. Anche all'epoca, inutili blabla sulla società aperta. Un gruppo musicale veneziano, i Piturafreska, ironizzò: "Dopo Miss Italia aver un Papa nero? No me par vero". Non solo siamo lontanissimi da un Papa nero, ma anche da un Presidente del Consiglio nero. Al massimo, ce l'abbiamo col fondotinta.

sabato 29 novembre 2008

Il pungiglione retrattile

Notizia: Bruno Vespa nei convegni fa il giornalista. Giuro: l'ho visto coi miei occhi.

Giovedì scorso, Roma, piazza Capranica, tavola rotonda organizzata dall'Unione Nazionale Consumatori. Modera il conduttore di "Porta a Porta"; presenti, tra gli altri, i Presidenti delle Autorità Antitrust, Energia e Telecomunicazioni.

Questioni pertinenti, toni ficcanti, addirittura la seconda domanda quando l'interlocutore cercava di svicolare. Il Vespone semprava un anchorman americano, di quelli aggressivi.

Regolamento di conti? Allucinazione? Corto circuito spazio-temporale?

In realtà Vespa saprebbe fare il suo mestiere egregiamente. Se volesse.

Solo che in tv si trasforma magicamente da giornalista a scendiletto. I toni si fanno soft, le domande evaporano nell'etere, gli ospiti politici sprofondano nelle loro comode poltrone bianche. Quando non si accomodano davanti alle scrivanie di ciliegio.

Forte coi deboli e debole coi forti, il Vespone catodico diventa il ciambellano del conformismo informativo, il cerimoniere del rumore di fondo cui è ridotta la comunicazione in questo Paese.

Una Vespa senza veleno, che non punge, svolazzando attorno ai suoi ospiti. Come un qualsiasi insetto molesto.

venerdì 28 novembre 2008

Non perdiamola di vista

Ieri sera eravamo in studio allo show di Paola Cortellesi.
Ci fanno attendere circa un’ora all’ingresso di Cinecittà. La magia di trovarsi vicino allo studio 5, quello prediletto da Fellini, viene infranta dalle scritte sui cancelli, tutte inneggianti a Maria De Filippi.

La scenografia di Emanuela Trixie Zitkowsky è molto post-industriale, molto Raitre.

Il titolo che avrebbe dovuto avere il programma originariamente, “Brutti, sporchi e cattivi”, avrebbe reso meglio la filosofia di questo varietà. Invece hanno scelto un titolo anonimo, uno di quelli che evocano il contrario di quanto affermano esplicitamente: “Non perdiamoci di vista”.

Per peggiorare la situazione, il titolo viene poi espresso con l’acronimo NPDV. Una specie di codice fiscale che, oltre a compromettere l’intelligibilità, non è originale: già il talk di Piroso su la7 era denominato NDP, che stava in quel caso per “Niente di personale”.

L’aria che si respira è quella informale di una prova generale, anche quando comincia la diretta. La Cortellesi è strepitosa: canta dal vivo con leggera padronanza (elogiata per questo dalla stessa Mina), si cambia d’abito, recita, duetta con Jovanotti e Flavio Insinna. Tutto con grande naturalezza, da vero “one-woman-show”.

Solo gli sketch con le imitazioni (strepitosa la Gelmini-cyborg) sono registrati, per evidenti motivi legati al trucco. Per il resto, corre da una parte all’altra del teatro con incredibile energia. Ai confini dell’ansiogenia.

I comici funzionano meglio nelle nicchie di programmi più ampi (Crozza a Ballarò, Littizzetto da Fazio), ma la Cortellesi non è “solo” una comica. E’ una vera show-girl, una specie di versione moderna di Delia Scala e Franca Valeri, con voce intensa e intonazione impeccabile quando canta. Scusate se è poco.

Il programma però è imperfetto, in questo simile a quello di Crozza su la7: troppo lungo e diluito, risente di un’impostazione ibrida a metà tra il varietà classico e la satira Dandini-style. Con la differenza che il povero Francesco Mandelli non è una spalla su cui poggiarsi. Anzi, non è.

Una scarsa definizione dell’insieme, unitamente a una collocazione nel palinsesto suicida (vedi post di sabato 8 novembre), ha contribuito a rendere questo programma una specie di “oggetto non identificato” per i telespettatori.

Unica consolazione: Paola ha avuto un’occasione di più per mostrare agli addetti ai lavori il suo talento e le sue potenzialità. Sempre che trovi qualcuno che sappia valorizzarle. Noi la vedremmo bene con Fiorello. In ogni caso, non perdiamola di vista.

giovedì 27 novembre 2008

Dove c'è Berlusconi c'è casa


Negli anni ‘80 la competizione tra i marchi di pasta era sulle caratteristiche di prodotto: Buitoni prendeva meglio il sugo, Barilla era sempre al dente. Situazione di stallo.

Poi Barilla ha lo scarto, il pensiero laterale vincente:

Pasta = Casa
Barilla = Pasta
Barilla = Casa

Nasce così il fortunato posizionamento “Dove c’è Barilla c’è casa”, che va oltre e sbaraglia la concorrenza.

Dietro la nascita di Forza Italia, e lo diciamo stavolta con ammirazione, c’è un’analogo, complesso procedimento semiologico. Proviamo per gioco a ricostruirlo.

Individuo = Libertà
Forza Italia = Individuo
Forza Italia = Libertà

Nasce così il presidio di un’intera area valoriale, quella appunto della libertà, che anziché essere patrimonio di tutti diventa “il” vantaggio competitivo di una parte contro l’altra. Un elemento identitario centrale per una realtà politica nella quale oltretutto l’individuo è centrale e il leader è sempre stato un singolo individuo. E così via, di sondaggio in sondaggio.

Una strategia politica concepita in modo così intelligente, sorretta da una robusta impalcatura mediatica, ha avuto e avrà sempre la meglio su un centrosinistra comunicato in modo discontinuo, nel quale gli spazi valoriali non sono altrettanto sapientemente abbinati alla marca-partito.

Anzi, tra i conservatori italiani il partito non si chiama neanche più così. Forza Italia, Alleanza Nazionale, Lega e oggi il Popolo della Libertà sono tutte formazioni che hanno eliminato la denominazione di “partito”. Al contrario dell’attuale Partito Democratico. Anche questo conta.

Cerchiamo qui di astenerci da giudizi di valore, facendo per quanto possibile un’analisi tecnica di comunicazione. Il centrodestra ha dimostrato in questi anni una capacità mitopoietica nella creazione di un simbolo, nel senso di un segno associato a un significato. L’etimologia di “simbolo” viene dal greco syn ballein, “riunire insieme”.

Il contrario di “diavolo”, la cui etimologia greca ci riconduce al significato di “colui che divide”. In questo senso, la cosiddetta demonizzazione di Berlusconi ha un senso, in quanto Berlusconi è stato effettivamente il diavolo.

Nel senso che è riuscito a separare, nel centrosinistra, il segno e il significato, facendo perdere i tratti identitari più caratteristici dello schieramento a lui avverso. Così come è riuscito a fare con la Rai.

Cantava De Gregori:


"Tra bufalo e locomotiva

la differenza salta agli occhi

la locomotiva ha la strada segnata

il bufalo può scartare di lato e cadere”.

F
inché il centro sinistra (e anche la Rai) continueranno a pensare come una locomotiva, senza avere lo scarto del bufalo, continueremo a tenerci Silvio Bellicapelli.

mercoledì 26 novembre 2008

Cultura popolare

Venerdì scorso, intervistata alle Invasioni Barbariche su la7, la mitologica Carfagna ha ritenuto di sottolineare quali sono i valori che la ispirano: Dio, Patria e Famiglia.
Guarda caso, gli stessi valori del regime fascista. Che aveva il MinCulPop. Oggi ci sono rimasti solo Cul e Pop. I tempi cambiano.

martedì 25 novembre 2008

Nostalgia canaglia


I fuochi fatui sono piccole fiammelle, solitamente di colore blu, che si manifestano a livello del terreno in particolari luoghi come i cimiteri, le paludi e gli stagni nelle brughiere. Il periodo migliore per osservarli è nelle fredde sere d'autunno.

La loro origine non è del tutto chiara ma l'ipotesi più probabile è che si tratti di fiammelle derivate dalla combustione del metano e del fosfano dovuta alla decomposizione di resti organici.

Questa settimana non ci sono partite di Champions nè gare di Formula Uno, che danno l'illusione della vita: un'iniezione di adrenalina a un corpaccione moribondo come quello di Rai Uno.

Infatti questa settimana il palinesto della prima rete tv ricorda da vicino i fuochi fatui:

Domenica e lunedì - I Vicerè (ambientato tra il Risorgimento e l'unificazione)
Martedì e giovedì - Raccontami (ambientato negli anni '60)
Mercoledì - Carramba che fortuna! (prima edizione 1995, condotto da Raffaella Carrà, 65 anni)
Venerdì - I migliori anni (gara tra gli anni '50, '60, '70, '80 e '90)
Sabato - Serata d'onore (prima edizione 1983, condotto da Pippo Baudo, 72 anni).

Qualcuno potrebbe dire che si tratta di una linea editoriale che privilegia il pubblico adulto, un palinsesto vintage per compiacere la nostalgia del target di Rai Uno.

Noi la vediamo diversamente. Una volta il target di Rai Uno era generalista, travsersale. Oggi Rai Uno sembra rivolgersi esclusivamente a un pubblico di vecchi. Come è possibile?

Dal 2002, il direttore di Rai Uno è Fabrizio Del Noce, già deputato per Forza Italia e figlio del filosofo Augusto Del Noce.

Facciamo un'ipotesi. Ipotizziamo che Del Noce abbia scelto deliberatamente di parlare agli ottuagenari per lasciare alla tv commerciale il target più giovane, che spende di più, quindi più appetibile per gli inserzionisti pubblicitari.

Ricostruiamo la scena. Prendi un tuo ex deputato e lo metti a capo della principale rete tua concorrente. Per non dare troppo nell'occhio, fai in modo che, quantitativamente, la rete mantenga una sua leadership di ascolti. Altrimenti, con un tracollo di audience, sai quante storie con il conflitto di interessi...Sembra di sentirli: mette Del Noce e Rai Uno, da sempre leader, perde con il Biscione.

Invece invece...Rai Uno mantiene sì la leadership negli ascolti, ma in modo da non nuocere. Si rinchiude nella nicchia dei vecchi, diventa una specie di Retequattro di gran lusso, ma che non disturba la raccolta pubblicitaria di Mediaset. Geniale.

Ma c'è un ma. Può la prima rete tv italiana vivere solo di passato? Può non sperimentare, non innovare, non parlare ai giovani? Può non guardare al futuro insomma? Certo che può, ma condannandosi a una marginalità culturale sempre più evidente, a un lento ma inesorabile e progressivo declino. Un declino forse senza ritorno.

Secondo Aristotele, non si può riprendere la disposizione all’essere, se la si è persa.

lunedì 24 novembre 2008

Il dito e la luna

“Un programma volgare”. Così il Ministro della Cultura Bondi ha definito il programma di Enrico Bertolino su Rai Tre. Perché?

Perché ha riproposto un pezzo della tv spagnola, nel quale l’imitatore di Zapatero fa di tutto per contattare il Ministro delle Pari Opportunità Mara Carfagna. Mentre sfoglia le foto un po' osè del passato dell’ex soubrette.

Ma è volgare il programma oppure è volgare la realtà che ci sta sotto?

Quando il dito indica la luna, lo sciocco guarda il dito. Saggezza orientale.

domenica 23 novembre 2008

Miserie e nobiltà

Ieri sera concerto di Paolo Conte al Sistina. Accompagnato dal virtuosismo della band, ci ha portato per due ore nel suo mondo immaginifico. Fatto di influenze esotiche, sonorità jazz, verdi milonghe, biciclette, nostalgie al gusto di curaçao.

Tornando verso casa, mi sono imbattuto in un manifesto. Non ricordo neanche se appartenesse ai guelfi o ai ghibellini, tanto ormai è la stessa cosa. Recitava più o meno: "Avete rovinato Roma. Ancora parlate?".

I toni della politica sono quelli del bar dello sport. A furia di rincorrere il linguaggio della "gggente", il mito della semplificazione ha generato imbarbarimento, populismo, demagogia. Siamo passati dalle "convergenze parallele", sinonimo di un lessico politico astruso, a "Ancora parli?". Nel prossimo manifesto mi aspetto di veder scritto "Ti aspetto all'uscita".

Ancora ieri sera. Dalla finestra di un condominio lasciata socchiusa, sento una tv accesa e la volgarità tamarra di Maria De Filippi: il sabato circa sei milioni di italiani scelgono quel programma. Si sta formando la classe dirigente di domani.

Ma io ho ancora nelle orecchie i sax, il bandoneón, lo xilofono e quella voce arrochita dal fumo. Per una notte, la nobiltà dell'arte di un conte musicista mi rende indifferente a queste miserie. Metto la chiave nella porta di casa. Fuori piove un mondo freddo...

sabato 22 novembre 2008

Scacco a La Torre















Cosa accaderebbe se stasera, nel corso di Inter-Juve, Del Piero passasse a Ibrahimovic davanti alla porta e questo segnasse il gol della partita? Non un passaggio fortuito, di quelli che capitano perchè la palla è rotonda e ogni tanto va dove vuole. No, un passaggio deliberato, intenzionale.

A "Omnibus", su La7, è successo qualcosa del genere. L'esponente PdL Italo Bocchino era in difficoltà. Forse non aveva letto il copione che di solito preparano a chi va in tv per ripetere a pappagallo gli stessi slogan e rincitrullire gli spettatori. Pensava di cavarsela a braccio, ma si era sopravvalutato.

Non sapeva come rispondere a Massimo Donadi (Italia dei Valori), che lo incalzava sulla farsa della Commissione di Vigilanza Rai. Il furbo La Torre (Partito Democratico), in teoria anche lui all'opposizione, pensa bene di soccorrere il collega.

Davanti alle telecamere, come se fosse all'ultimo banco del liceo, il genio del PD scrive la risposta "giusta" su un giornale e la passa al Bocchino. Il quale finalmente riesce ad articolare una reazione di senso compiuto. Naturalmente La Torre, come un Villari qualsiasi, resta attaccato al suo cadreghino. Non si dimette nè viene allontanato, il s'accroche à son fauteuil.

Dopo Calciopoli, il doping, Moggi e tutto il resto, il calcio italiano non è un esempio di etica nè di trasparenza. Ma la politica italiana ha qualcosa da imparare persino da loro: il senso della decenza.

Si scambiano i pizzini tra maggioranza e opposizione. Si aiutano e si coprono a vicenda. A questo punto il PD non lo definirei neanche come una formazione di opposizione, ma come un partito "diversamente" al governo. Per il momento La Torre se la sono mangiata. Vediamo quanto tempo impiegano per arrivare al Re.

venerdì 21 novembre 2008

Una poltrona per due


Rai, di tutto di più. Ci avevano avvertito. Un abbonato ha sempre un posto in prima fila. Non solo lui, a quanto pare.

Nel pieno di una crisi economica epocale, i nostri politici da operetta non trovano di meglio che scannarsi sulla Presidenza della Commissione di Vigilanza Rai. Dimostrando una volta di più il rapporto malato che esiste in questo Paese tra politica e televisione. Aspettiamo al varco quelli che ancora hanno la faccia di tolla di sostenere che la tv non influenza l’opinione pubblica. Ma allora perchè si stanno scuoiando vivi da sei mesi?

Siamo venuti in possesso del nuovo palinsesto Rai, che tiene conto delle tragicomiche vicende di Palazzo San Macuto.

Ore 8,00 – Una poltrona per due
Ore 10,00 – Dimissione impossibile
Ore 12,00 – Linea verde
In diretta da Castrovillari
Ore 14,00 – C’è posto per te
Ore 16,00 - …E non se ne vogliono andare
Replica
Ore 18,00 – Chi l’ha visto?
In questa puntata si indaga sulla scomparsa del PD
Ore 20,00 – Riport
Dedicato alla capigliatura di Villari (che ricorda quella di Mastella)
Ore 22,00 – Non si uccidono così anche i cavalli
Dedicato al cavallo di Viale Mazzini
Ore 24,00 – Orlando furioso
Poema (poco) cavalleresco

L’austero segnale orario Rai verrà sostituito da un più allegro “cucù”.

giovedì 20 novembre 2008

La terzietà della terza età


La pochade sulla Commissione di Vigilanza Rai troverà forse il suo epilogo con la nomina di Zavoli. L’autorevolezza del giornalista è fuori discussione. Resta il fatto che i candidati meno compromessi con l’anagrafe sono risultati, per un motivo o per l’altro, impresentabili.

Il mercato delle vacche della politica italiana negli ultimi decenni non ha consentito il formarsi di una classe dirigente autorevole e indipendente. I politici non incanutiti dall’esperienza sono tutti venduti, comprati, gregari, lacchè oppure figli, nipoti e amanti; nessuno si fida più dell’altro, l’immobilità sociale ha portato sclerotizzazione del sistema e autoreferenzialità.

L’unica, residua garanzia di terzietà è data dalla terza età: l’indipendenza è certificata dalla carta di identità e da una vita condotta rettamente. Così ci ritroviamo Napoletano a 83 anni, Zavoli a 85; Ciampi ha lasciato a 86 anni, Prodi a 69. Lo stesso Silvio Bellicapelli ha 72 anni, ma lui ha gli elisir di lunga vita. Già due anni fa, la fiducia al governo Prodi fu scandita da eleganti polemiche del solito Gasparri (eccole, le nuove generazioni!) sul voto degli anziani senatori a vita.

Ennesima anomalia italiana: Obama ha 47 anni, Sarkozy 53, Brown 56, Zapatero 48, Merkel 54. I nostri grandi vecchi, e anche quelli meno grandi, continuano a calcare scene e a occupare spazi. Non solo in politica. Come al solito, la televisione è specchio di quest’Italietta che somiglia sempre più a Villa Arzilla.

Quando va bene, i programmi tv giocano sul filo della nostalgia e delle citazioni. Per il resto, a parte la replica intenzionale di trasmissioni d’archivio (spesso bellissime), troviamo in onda idee riciclate, format consunti, conduttori incartapecoriti. Qualche tempo fa, il contenitore domenicale di Rai Uno era stato spiritosamente ribattezzato Domenica Inps.

Aule parlamentari e palinsesti hanno molte cose in comune: oltre al padrone, che è il medesimo per entrambe, ricordano proprio la piscina di cocoon, che dona vita eterna ai rispettivi protagonisti.

Grazie ad alcune fonti riservate, siamo venuti in possesso di alcune nuove nomine possibili: Enrico Toti ad occuparsi di barriere architettoniche; i fratelli Bandiera possono entrare nella commissione sul federalismo; Sacco e Vanzetti alla riforma della giustizia; Carlo Pisacane risolverebbe il problema dei rifiuti a Napoli; Francesco Baracca per la crisi dell’Alitalia. Il cinegiornale lo può leggere direttamente Nunzio Filogamo, il varietà lo affidiamo a Wanda Osiris e Macario.

L’unico problema è che per mandare le convocazioni dovremmo accollarci i costi di alcune sedute spiritiche. Oppure telefonare a Scapagnini. Ma vuoi mettere il prestigio?

mercoledì 19 novembre 2008

Onorevole si accomodi

Mentre prosegue la ridicola telenovela sulla Commissione di Vigilanza Rai, una ricerca dell’Osservatorio di Pavia dimostra che la presenza della politica nei telegiornali del nostro presunto servizio pubblico non ha paragoni in Europa.

Il post di oggi riprende pari pari il lancio d’agenzia con i dati della ricerca i quali, c’è da scommetterci, non circoleranno molto: gli spazi informativi saranno infatti tutti occupati dalle imperdibili esternazioni degli incontinenti Cicchitto e Gasparri.

I nostri tg infatti dedicano più di un terzo della loro durata alla pagina politica, più del doppio di quelli inglesi, francesi, tedeschi e spagnoli. E' quanto emerge da un'indagine condotta dall'Osservatorio di Pavia su 'Politica e giornalismo nei telegiornali Rai', commissionata dalla stessa azienda pubblica, secondo la quale Tg1, Tg2 e Tg3 dedicano ciascuno almeno dieci minuti alla politica in ogni edizione.

Mentre gli altri tg dell'Europa Occidentale (quelli dell'inglese Bbc One, di France 2, della spagnole Tve e della tedesca Ard) se mancano notizie rilevanti di politica non parlano proprio. Nei tg Rai la percentuale media dedicata alla pagina politica e' del 34,8% mentre negli altri quattro tg europei e' del 16,5%, meno della metà.

Ma non e' solo un problema di tempi: nei Tg Rai lo spazio della politica e' caratterizzato per lo più da esternazioni: il 55 per cento contro il 25,4 delle testate europee, che invece privilegiano le azioni dei politici anzichè le intenzioni dichiarate. Nei tg Rai - dice ancora la ricerca - le esternazioni si concentrano nel resoconto in esterna, nelle dichiarazioni e nei discorsi: il 64,2 per cento contro il 21,2 delle testate europee.

C'e' poi il dato sulla controversialità, cioè 'la presa di posizione a favore o a sfavore di', 'il rispondere a', 'la polemica': i tg Rai la premiano con il 41,6 per cento, mentre all'estero solo per il 20,7.

Quanto ai protagonisti della politica nel resoconto giornalistico, in Europa non esiste la cronaca parlamentare costituita da resoconti in esterna davanti a Montecitorio, nè interventi direttamente dalle Camere, nè tantomeno interviste e dichiarazioni nel Transatlantico. E poi in Europa sono presenti in video solo i leader politici di partito o di governo, i portavoce invece no e neppure tutto il resto, e Parlamento e governo vengono descritti quasi del tutto nelle loro funzioni deliberativa ed esecutiva.

In pratica, più che una Televisione di Stato, abbiamo uno Stato di Televisione.

martedì 18 novembre 2008

Cinegiornale della sera

Silvio Bellicapelli, nel corso del vertice italo-tedesco, fa cucù alla Merkel nascondendosi dietro un lampione.(http://it.youtube.com/watch?v=GDZMGmHr7tI)

Il "giornalista" Rai commenta: “Gli ottimi rapporti personali consentono un tono poco protocollare tra Berlusconi e la Merkel”.

Immaginiamo lo sforzo del coraggioso cronista per descrivere, senza coprirla di ridicolo, l’ennesima sit-com istituzionale, offerta tra uno spot e l’altro. Del resto i tg pubblici e privati sono una specie di stantio varietà, sempre con gli stessi attori da anni; bisogna pur trovare qualche numero per épater les bourgeois e uscire qualche istante dalla catalessi informativa.

I toni rosei della cronaca politica sanno ormai di fondotinta e ricordano esplicitamente i cinegiornali dell’Istituto Luce: il capo non si critica anche quando fa il buffone e copre di ridicolo un’intera nazione con comportamenti manifestamente inappropriati.

Comportamenti probabilmente ascrivibili all’andropausa dell’anziano leader e che si ripetono ormai quasi quotidianamente. Anche se Silvio Bellicapelli ostenta gioventù, in quanto sente in lui la “gagliardia del ventenne”.
A noi sembra di sentire quella del ventennio.

lunedì 17 novembre 2008

Mediocritas optima est

Per Cicerone la mediocritas corrispondeva alla "moderazione", a una misura rapportata al "giusto mezzo". In questo senso, si trattava della categoria sulla quale si fondavano tutte le regole del comportamento etico, la "via di mezzo" fra l’eccesso e il difetto.

Il doroteismo democristiano ci ha poi abituato alla moderazione nel senso del compromesso centrista tra opzioni altrimenti inconciliabili.

Nell'Italia di oggi trionfa invece la mediocrità intesa come "scarso valore". Nel nostro Paese sono i mediocri che comandano, legiferano, diventano ministri e statisti. Il loro potere misura la distanza che separa il talento dal successo. Una sorta di equivalenza matematica sulla quale indaga Antonello Caporale con il suo "Mediocri - I potenti dell'Italia immobile", Baldini Castoldi Dalai Editore.

In un Paese nel quale, come dice l'Autore, "si sta meglio da ricercati che da ricercatori", ci soffermiamo sul metodo senza mai entrare nel merito. E il merito rimane escluso dai salotti, dai club, dalle lobby, dalle università, dalle massonerie laiche e da quelle misticheggianti, dalle redazioni, dalle aule parlamentari.

E noi, che sappiamo cos'è la Consob, e pensavamo di aver archiviato gli anni Ottanta come epoca lontana di "nani e ballerine", ne vediamo in giro ancora parecchi, di nani. Le ballerine ormai non si contano più. Si sono aggiunti i giullari, per non farsi mancare nulla a corte.

Ps Per approfondimenti sulla Consob, rivolgersi ad Elisabetta Gardini, parlamentare e portavoce di Forza Italia all'epoca di questa intervista a "Le Iene" del 2006, oggi eurodeputato a Strasburgo http://it.youtube.com/watch?v=IPSyz5KVSiU

domenica 16 novembre 2008

No we can't

Il cazzeggio italico che ha irreversibilmente contagiato il dibattito pubblico di questa penisola dei famosi ha portato alcune anime belle a chiedersi se sia possibile la nascita di un Obama italiano.

Forse lorsignori tendono a rimuovere il fatto che Obama è frutto di alcuni elementi caratteristici della società statunitense: mobilità sociale, orgoglio delle minoranze, opinione pubblica.

Per quanto riguarda la mobilità sociale, è il caso di ricordare che siamo un paese di caste e corporazioni: commercialisti, notai, giornalisti, farmacisti, persino tassisti. L'accesso alle professioni spesso si tramanda dinasticamente di padre in figlio.

Non parliamo poi di come avviene la selezione della classe dirigente: a destra per cooptazione finanziaria e/o chiamata diretta del capo (con tutti gli annessi e connessi che sappiamo); a sinistra tutti i leader sono figli o nipoti di una ristretta élite, da Veltroni (il papà fu direttore del primo tg Rai) a D'Alema (figlio di un deputato Pci), da Letta (nipote di zio Gianni) a Franceschini (figlio di un deputato Dc).

Per quanto riguarda le minoranze, con l'aria che tira già è tanto se riusciamo a concedere ai nostri immigrati i più elementari diritti di cittadinanza. Figuriamoci integrarli fino a farli diventare classe dirigente.

Infine, l'opinione pubblica, da noi ridotta a una "poltiglia" secondo una recente definizione del Censis. Obama è un Presidente 2.0, che ha utilizzato la rete per raccogliere una miriade di piccole donazioni, coinvolgendo i giovani con iniziative territoriali, social network, comunicazione partecipata: una spinta dal basso che gli consentirà oltretutto maggiore indipendenza nei confronti delle potenti lobby USA.

In Italia abbiamo invece un anziano signore, padrone della vecchia tv generalista, insofferente alle critiche, con un controllo pervasivo dell'informazione. In tutti e due i casi comunque, per dirla con McLuhan, "il mezzo è il messaggio": le loro biografie parlano per loro.

Società aperta, libertà di informazione, mobilità sociale: si tratta di elementi irripetibili in questa immensa provincia che è l'Italia. Ecco perchè, al di là del patetico scimmiottamento nostrano di qualche slogan del senatore afroamericano, la nostra risposta è: "No we can't".

sabato 15 novembre 2008

Eternal sunshine of the spotless mind

Ieri sera su la7, a "Otto e mezzo", Marco Travaglio e Daniele Capezzone se le sono date di santa ragione. Tema della puntata: berlusconismo e antiberlusconismo.

Con una piccola differenza: Travaglio cercava di argomentare le sue tesi, il neoportavoce di Forza Italia gli parlava sopra costantemente, impedendo di concludere qualsiasi ragionamento.

Per un curioso gioco del destino, Capezzone sta sempre con chi governa: una versione riveduta e corrotta di Mastella. E si adegua alle regole comunicative della casa.

Il radicale folgorato sulla via di Arcore sembrava un replicante, privato della memoria della sua vita precedente: quelli di Publitalia evidentemente li indottrinano tutti alla stessa maniera. Una scuola che, in confronto, le Frattocchie del Pci erano un modello di formazione liberale.

Interrompere, provocare l'interlocutore, innervosirlo e, soprattutto, impedirgli di parlare. Una tecnica di guerriglia verbale che ha un solo obiettivo: non far capire una mazza ai telespetattori. Che infatti non capiscono più una mazza.

Le regole di un contraddittorio civile cedono il passo alla vucciria, alla cagnara, al "facite ammuina". Una volta che le regole della partita diventano queste, non c'è più spazio per i ragionamenti: vince chi parla alla "pancia", vincono gli slogan, vince il populismo.

In altre parole, vince il berlusconismo. Con gran soddisfazione dei numerosi cyborg al suo servizio.

PS Vivamente consigliata l'imitazione di Capezzone fatta da Neri Marcorè: http://it.youtube.com/watch?v=I_pYOi--_zU

venerdì 14 novembre 2008

Natale a Cologno Monzese


Grazie ad alcune gole profonde presenti a Palazzo Grazioli, siamo venuti in possesso delle folgoranti battute che Silvio Bellicapelli ci regalerà durante i prossimi vertici internazionali.

5. In occasione di un convegno sulle prospettive del capitalismo con la candidata repubblicana alla vicepresidenza USA Sarah Palin, nel corso di una conferenza stampa esclamerà: “Una bottarella gliela si può ancora dare”.
4. In occasione di un summit con i rappresentanti della popolazione Inuit sul riscaldamento globale, saluterà scherzosamente i delegati: “Atai Paraflu”.
3. In occasione di un incontro con il Presidente brasiliano Lula, preparatorio del G20 di Washington, porterà con sé una delegazione di calciatori brasiliani che militano nel Milan, squadra di sua proprietà. Scusate, questo l’ha già fatto. Allora porterà le ragazze del Cacao Meravigliao.
2. In occasione di un incontro con i Governatori delle Regioni italiane sul federalismo, si rivolgerà ammiccando a Nichi Vendola, Presidente della Regione Puglia e omosessuale dichiarato: “Non sai cosa ti perdi. Comunista vabbè, ma pure ricchione…”
1. In occasione del prossimo G20 di Washington, farà simpaticamente dono a Barack Obama di un casco di banane, intonando uno spiritual e “Oh Happy Day” insieme a Michele Apicella.

Per dare un colpo di grazia definitivo al grigiore del politically correct, nel Natale 2009 Silvio Bellicapelli si cimenterà in un cameo nel cinepanettone dei fratelli Vanzina, prendendo il posto del compianto caratterista Guido Nicheli nel ruolo del cumenda. Titolo del film: “Natale a Cologno Monzese.”

Ciao ciao bambina


Secondo la Chiesa cattolica dopo la morte c’è la vita eterna.
Se la Chiesa ha ragione, Eluana potrà finalmente volare in Paradiso.
Se la Chiesa ha torto, Eluana sarà stata liberata da uno stato vegetativo penoso.
Ciao Eluana e scusaci per tutto questo casino.

giovedì 13 novembre 2008

Se Repubblica vale quanto Emilio Fede

La matematica non è un’opinione.
Ma l’inevitabile deriva velinara che hanno avuto le Scienze della Comunicazione in questo Paese ci fa venire qualche dubbio in proposito.
Dotte dissertazioni semiotiche, nutriti convegni e ponderosi tomi non hanno infatti mai evidenziato un aspetto di fondo. I numeri.

Quanti lettori ha un quotidiano come “la Repubblica”? 2.991.000 secondo Audipress, per 627.000 copie circa (dati di mercoledì 12 novembre 2008). E stiamo parlando di una testata leader.
Quanti telespettatori ha un tg come “Studio Aperto”? 3.900.000 secondo Auditel, sommando le due edizioni principali delle 12.30 e delle 18.30 (dati di mercoledì 12 novembre 2008). E stiamo parlando di un telegiornale minore.

Il Tg1 fa circa 12 milioni di telespettatori al giorno tra ora di pranzo e ora di cena, il Tg5 più di 10 milioni.

Queste poche cifre danno l’idea dell’enorme divario tra il pubblico della tv e quello della carta stampata.
Vero che i lettori di un giornale sono più colti, più motivati e così via.

Ma il loro voto vale esattamente quanto quello di chi sta a casa davanti alla televisione.
E i voti si contano, non si pesano.

mercoledì 12 novembre 2008

Die Hard

Si moltiplicano le prese di posizione della Santa Sede.
Ecco le ultime: Vaticano contro la Cassazione, sul diritto a una morte dignitosa e Vaticano contro Obama, su staminali e aborto.
Prossime puntate dell'avvincente saga: Vaticano contro l’Onu,
Vaticano contro Godzilla, La vendetta del Vaticano, Il Vaticano e il calice di fuoco.
Ultima puntata: La chiamavano Trinità.

Nichilismo, cinismo, sarcasmo e orgasmo

Alla conferenza stampa congiunta con il presidente brasiliano Lula, Silvio BelliCapelli si è presentato con tutti i milanisti del Brasile seduti in prima fila: Kakà, Pato, Ronaldinho, Dida, Emerson, Leonardo.

Ci è tornato in mente il film “Harry a pezzi” quando Woody Allen, professore emerito cui viene conferita una laurea ad honorem, non trova di meglio che presentarsi alla sua vecchia università con una puttana e un cadavere.

Da alcune indiscrezioni, siamo venuti in possesso della delegazione ufficiale che Silvio Bellicapelli porterà con sé nel primo incontro con Barack Obama:
Zeudi Araya, Naomi Campbell, Afef, Cannelle, Fiona May, Denny Mendez, Sylvie Lubamba.

P.S. D’ora in poi chiameremo il Berlusca Silvio BelliCapelli. Chi non capisce il nostro umorismo riceverà una laurea ad honorem in qualità di coglione. Alla cerimonia può portare chi vuole.

martedì 11 novembre 2008

Aridatece er Biscione

“Corri a casa in tutta fretta c’è un Biscione che ti aspetta”. Con questo slogan, nei primi anni ’80 Canale 5 faceva il suo ingresso nelle case degli italiani.
Silvio Berlusconi dimostrava già allora grande sintonia con lo spirito del tempo: finiti gli anni ’70 delle grandi mobilitazioni di piazza, il nuovo decennio cominciava infatti all’insegna del “riflusso” e delle serate domestiche illuminate dalla luce azzurrina della neonata tv commerciale. Primi sintomi di quell'egoismo sociale che poi diverrà un tratto tipico della sua linea politica.

La sinistra di allora, il celebrato PCI di Berlinguer, e i suoi epigoni, commisero il più madornale degli errori. Forti della loro cultura “alta”, dei loro libri, delle loro mostre e dei loro cineforum, si sentivano infinitamente superiori a quel venditore di detersivi: chiusi nella torre d’avorio, consideravano la televisione una forma plebea di diffusione culturale.

Uno snobismo che ha consentito al Berlusca di fare il lavaggio del cervello agli italiani per ben 14 anni, fino alla fatale discesa in campo del 1994, quando un partito che non esisteva diventò il partito di maggioranza relativa.

Oggi la sinistra, con 28 anni di ritardo, e dopo che per 7 anni al governo è stata incapace di tirar fuori uno straccio di legge antitrust e sul conflitto di interessi, si accorge di quanto sia cruciale il piccolo schermo in un Paese che legge poco. E cosa fa? Disegna un progetto culturale di ampio respiro paragonabile a quello, perverso, di Arcore? Ingaggia finalmente una battaglia seria su questo tema? No, ormai non sarebbe credibile.

Meglio farsi una tv fatta in casa, nel tinello. Una tv triste, povera, bulgara e autoreferenziale. Anzi due: YouDem, canale 813 di Sky, e Red, canale 890 di Sky. Una per la corrente veltroniana e una per quella dalemiana.

Se questo è il modo con cui l’"intelligenza" di sinistra affronta il tema tv, aridatece er Biscione.

Il movimento del dare


Vogliamo ricordare Miriam Makeba, leggendaria artista scomparsa come solo i grandi sanno fare.
Nel ricordarla, salutiamo il ritorno con un nuovo lavoro di un'altra generosa interprete: una nostra azionista catodica ci segnala infatti questo pezzo del Messaggero su Fiorella Mannoia, donna che a 54 anni vanta sempre grande fascino e innata eleganza.

lunedì 10 novembre 2008

Servizio pubico

Se è vero che la tv è lo specchio del Paese, la tv della domenica pomeriggio è un invito a varcare per sempre i patri confini.

Ieri, intorno alle 14, il dibattito del primo canale della televisione di Stato era incentrato più o meno sul seguente tema: “Belen l’ha data o non l’ha data a Rossano sull’Isola dei Famosi?”. Tra gli ospiti, in qualità di esperto, spiccava Emilio Fede.

Lo stesso spinoso tema è stato trattato, con diverse varianti, in altre trasmissioni Rai: “La vita in diretta”, “Italia allo specchio”, oltre naturalmente alla stessa Isola. Per onestà intellettuale e per portare il dibattito fino in fondo, dovrebbero aggiungere “O.k. il prezzo è giusto!”.

Si fa sempre riferimento alla tv del passato come a un modello da seguire. Beh, è vero. Tanti anni fa, la domenica televisiva era scandita da Corrado e Baudo, da Arbore e Minà, con scalette ricche di ospiti prestigiosi.

Sia chiaro: non si può pretendere di imporre al vasto pubblico della domenica il reportage internazionale, il documentario sul facocero o una rassegna di film di Kurosawa. Ma c’è modo e modo di fare intrattenimento.

Un tempo la tv faceva costume. Oggi si occupa di quello che c’è sotto il costume. Diventando un vero servizio pubico.

Nero burning rom

A volte i nomi dei software hanno curiose e inquietanti assonanze.
Assonanze casuali, al contrario di quelle della politica-avanspettacolo.
La gaffe di Berlusconi, che ha definito "abbronzato" il primo Presidente di colore della storia statunitense, continua a far discutere.
Per la destra italiana il capo ha sempre ragione. Per definizione, anche quando l'opinione pubblica internazionale è incredula.
Ecco alcuni esempi, dei quali ringraziamo Paperinik:





Del resto, la destra italiana è quella di "Faccetta nera", delle lampade e del "celodurismo". Forse non è razzismo. Forse è solo invidia.

domenica 9 novembre 2008

Il Mondo Nuovo


Il titolo del post non si riferisce alla vittoria di Obama ma alla traduzione italiana di Brave New World, fondamentale romanzo di fantascienza scritto nel 1932 da Aldous Huxley.
Una lettura che ci è tornata alla mente dopo l'attacco del Berlusca ai media, in particolare guarda caso alla Rai, che diffonderebbe "ansia".

"Nella società del Mondo Nuovo le caste inferiori, prodotte per clonazione, mostrano una forte mentalità gregaria, ma anche gli individui delle caste superiori, dove da un embrione si ottiene un solo individuo adulto, sono condizionati ad accettare il sistema di caste e le consuetudini sociali che discendono da esse.

Nel corso del romanzo, spesso i personaggi citano gli slogan imparati durante il condizionamento che hanno ricevuto.

È considerato normale essere molto mondani, avere una vita sessuale totalmente promiscua fin da piccoli, allontanare i pensieri negativi con il soma (droga euforizzante che ha come unico effetto negativo quello di accorciare la vita di qualche anno, ma per la felicità il prezzo non è poi così elevato), praticare sport ed essere, in genere, buoni consumatori.

È invece inaccettabile passare del tempo in solitudine, essere monogami, rifiutarsi di prendere il soma ed esprimere opinioni critiche nei confronti degli altri e della società." (tratto da Wikipedia)

Enigmistica

Anagrammando GOVERNO BERLUSCONI otteniamo BURLESCO GOVERNINO.

sabato 8 novembre 2008

La donna giusta nel posto sbagliato


Paola Cortellesi ha uno straordinario talento: tempi comici perfetti, imita in modo intelligente, canta benissimo. Se fosse nata artisticamente nell'Italia di 30 anni fa, avrebbe avuto un enorme successo. Oggi, il suo show del giovedì su Rai Tre ha fatto flop: appena 1.487.000 spettatori in prima serata, 5,50% di share.

L'Italia di oggi non sa più riconoscere il talento, non apprezza la professionalità. I nostri connazionali hanno un immaginario appiattito da supermarket, che si appassiona più alla diarrea nella savana di qualche naufrago da reality che a un varietà ben costruito.

Intendiamoci. Il programma della Cortellesi non è perfetto: è troppo lungo (come tutti i programmi degli ultimi anni) e ha alcune cadute di ritmo. Ma era la prima puntata. E siamo comunque su un altro pianeta rispetto a uno show insulso come "La talpa" che, nella stessa serata di giovedì, ha fatto ben 3.402.000 con il 17.65% di share.

Poi ci sono i misteri della Rai. Ma esiste un coordinamento dei palinsesti? Come si fa a piazzare una trasmissione come quella della Cortellesi al giovedì, quando c'è Santoro che fa dai 4 ai 5 milioni? Lo sanno anche i sassi che sono due programmi che vanno a pescare su un target identico: colto, evoluto, tendenzialmente progressista.

Ci sono tre ipotesi:

1. è un tentativo di affossare Santoro e i suoi ascolti record;
2. è un tentativo di affossare Cortellesi fingendo di farle un favore;
3. è un tentativo di fare un favore a Mediaset facendo sprecare risorse alla Rai.

Oppure tutte e tre le cose insieme. Più che plausibile, considerato che il management della Rai viene scelto dallo stesso Berlusconi, che poi è il suo concorrente. Come se la Pepsi-Cola scegliesse l'amministratore delegato della Coca-Cola. Sarebbe considerata una distorsione inaccettabile del mercato. Con la differenza che qui non si producono bibite ruttifere ma idee, informazione, cultura. Almeno in teoria.

venerdì 7 novembre 2008

A-A-bbronzatissimo


Quella specie di incrocio tra Borat ed Edoardo Vianello che ci ritroviamo come Presidente del Consiglio non ci ha risparmiato il solito esempio di umorismo, sottilmente razzista, da anziano brianzolo.

Gli editorialisti a libro paga stamattina difendono le impresentabili esternazioni internazionali dell'anziano leader. Uno dei cortigiani scrive: "Questo è lo stile di Berlusconi. Prendere o lasciare". Lasciamo volentieri.

Stasera ci sarà a Chicago la prima conferenza stampa di Obama. Sarebbe bello se rispondesse con lo stesso spirito, giocando sulla fisicità. Gli spunti non mancano, il nostro potrebbe simpaticamente essere apostrofato come "pelato", "nano" e così via. Una nuova frontiera delle relazioni diplomatiche. Dopo mancano solo i gavettoni.

Dobbiamo capirlo. Il Berlusca viene dalla tv commerciale, quella delle soap opera, che si chiamano così perchè in origine erano sponsorizzate dai detersivi. I detersivi sono quelli che lavano "bianco che più bianco non si può". Il nero proprio non lo sopportano.

giovedì 6 novembre 2008

Innocenti evasioni

Una vecchia rubrica della gloriosa Settimana enigmistica si intitola "Forse non tutti sanno che...".

  • - Forse non tutti sanno che... I soldi non versati in Italia al fisco corrispondono a 7 punti percentuali del Prodotto interno lordo.

- Forse non tutti sanno che... Se tutti gli evasori pagassero le tasse gli italiani avrebbero in tasca 100 miliardi di euro in più all’anno.

E queste sono le stime più prudenziali, che poi sono quelle ufficiali di Agenzia delle Entrate e Banca d'Italia.

Il Wall Street Journal ha definito "leggendaria" l'evasione fiscale italiana. E i giornali e la tv italiani? Semplicemente non l'hanno definita, perchè ne parlano pochissimo. Non parlano di evasione, sono evasivi: visto che si tratta di sommerso, hanno deciso di sommergere anche le notizie.

E, come al solito, per avere un'informazione decente bisogna correre in libreria. Mi permetto di consigliarvi "Evasori. Chi. Come. Quanto." di Roberto Ippolito, Bompiani Editore.

Silvio B. ha denunciato che, a suo modo di vedere, i media italiani diffondono ansia e angoscia. Dovrebbero quindi dedicarsi di più all'evasione. Magari.

mercoledì 5 novembre 2008

Good Morning America

Con perfetto happy ending, Barack Obama è il 44° Presidente USA.
Il sogno americano è ancora vivo.
L’incubo italiano, anche.

No, non è la CNN

Prendete un avvenimento storico. Mettetevi nei panni del giornalista che deve raccontarlo in diretta tv. Come lo fareste?

I nostri “giornalisti” hanno sempre la stessa ricetta. Tutti. Qualsiasi cosa avvenga. Che sia l’elezione del primo Presidente afroamericano della storia americana, il delitto di Garlasco, l’anniversario dell’Arma dei Carabinieri o l’isola dei famosi.

Così è andata anche ieri sera. Un fatto storico si è trasformato nell’ennesima passerella di politici. Opinioni a vanvera, patetici endorsement dell’ultimo minuto, improbabili collegamenti con i fatti italiani. Opinioni che si elidono e che appiattiscono la prospettiva di fatti molto diversi tra loro in una specie di soporifera marmellata elettronica.

Il talk show monopolizza l’informazione, diventa l’unico modo di raccontare la realtà. Il modello “Porta a Porta” ha neutralizzato il Tg1, il cui direttore era, ospite tra gli altri, a rendere omaggio al Gran Ciambellano Vespa. Contaminati anche i competitor su Canale 5 e, in parte, Sky Tg 24.

Il telespettatore italiano non aveva scelta: per seguire le elezioni USA, doveva per forza sorbirsi le esternazioni di La Russa. Da segnalare che la storica serata era già cominciata sotto presagi sinistri, visto che la puntata di “Ballarò” era la solita puntata di “Ballarò”, con Rutelli e Casini a duettare con Urso e Martino.

Unica scelta possibile: sintonizzarsi sulla CNN. Un modello di informazione pura, un solo conduttore in studio, moltissimi collegamenti con gli inviati, elaborazioni, approfondimenti, innovazioni tecnologiche. Nessun politico a sproloquiare.

Un tempo la redazione di un giornale era chiamata, in gergo, la “cucina”. Oggi siamo passati al salotto.

martedì 4 novembre 2008

Pari opportunità



A sinistra, il Ministro per le Pari Opportunità della Repubblica Italiana, Mara Carfagna.
A destra, il capogruppo del Pdl alla Camera dei Deputati, Italo Bocchino.

lunedì 3 novembre 2008

Virus, anticorpi e portatori sani

Domani si elegge il nuovo Presidente degli Stati Uniti d'America. Anche se il mondo è multipolare, e gli USA hanno perso la centralità di un tempo, si tratta comunque di un avvenimento storico, in grado di influenzare il futuro di tutti noi.
Chi ha seguito la campagna elettorale americana si è reso conto di una differenza fondamentale rispetto a quanto avviene da noi: il ruolo della stampa come vero "cane da guardia" del potere.
Un talk-show brillante (e non giornalistico) come quello di David Letterman ha continuato a prendere in giro il candidato repubblicano McCain dopo una "bidonata" che l'anziano reduce aveva rifilato all'anchorman della CBS, non presentandosi in studio all'ultimo momento. Le battute al vetriolo su di lui si sono sprecate sera dopo sera, costringendolo alla fine a ritornare sui suoi passi, accettando di essere ospitato dal grande Dave.
Cosa sarebbe successo da noi? La trasmissione sarebbe stata accusata di faziosità in piena campagna elettorale, risucchiata in un vortice di polemiche, probabilmente isolata, non difesa dai colleghi, infine chiusa. Con tanti saluti alla libertà di espressione.
I nostri giornalisti, salvo poche felici eccezioni, sono infatti animali da salotto. Il loro obiettivo non è quello di informare i cittadini, ma quello di compiacere l'ipertrofico ego di una gerontocrazia politica impresentabile. Portatori sani di microfono, si autocensurano guardandosi bene dal fare domande scomode. Gli italiani vedono i giornalisti come “incompetenti, bugiardi, di parte, malati di protagonismo, ma anche insostituibili e indispensabili per tutta la società", secondo una recente indagine proprio dell'Ordine dei Giornalisti della Lombardia.
Del resto quale credibilità può avere un giornalista che viene stipendiato da un politico, come accade per buona parte della stampa italiana?
Un'informazione malata e distorta comporta necessariamente un cittadino poco consapevole e "ignorante", in senso tecnico: le sue scelte saranno quindi determinate in funzione di cio che sa (e di ciò che non sa), svuotando quindi la democrazia "dal di dentro", lasciando intatto solo un esteriore apparato istituzionale fatto di corazzieri e stanchi rituali.
Barack Obama, il candidato democratico alla Casa Bianca, ha detto: "Quello che c'è di sbagliato in America può essere risolto con quello che c'è di giusto in America". Bellissima frase che, partendo dalla constatazione che si tratta di una società con molte distorsioni, come la recente crisi economica ha evidenziato, stiamo parlando di un sistema che ha in sè gli anticorpi giusti, e tra questi certamente c'è l'informazione.
L'Italia non può dire altrettanto: sessant'anni di democrazia non hanno prodotto gli anticorpi necessari per reagire a virus devastanti come il populismo, che stanno trovando terreno fertile in questi anni. L'opinione pubblica è frastornata e confusa, i giornalisti non sono la bussola di nessuno, perdendo così la loro funzione di intermediazione, necessaria in una democrazia matura.
L'attuale situazione mi ricorda il quadro di Magritte nel quale è raffigurata una pipa, ma sotto una didascalia spiega "Questa non è una pipa". Infatti è l'immagine di una pipa. Con il nostro sistema democratico dovremmo trovare, da qualche parte, la forza di essere altrettanto espliciti.

domenica 2 novembre 2008

Vedo Gelli far festa.




Oggi è il 2 novembre, giorno di commemorazione dei defunti. Giornata ideale per commentare l'approdo sul piccolo schermo di Licio Gelli. Condurrà su Odeon un programma dal titolo "Venerabile Italia". Finalmente una tv che ha il coraggio di andare direttamente alla fonte, senza tanti intermediari. Una voce nuova, diversa, fuori dal coro. Che sia la nascita del vero terzo polo televisivo?
Siamo venuti in possesso del nuovo, probabile palinsesto.

ore 8,00 - Loggione - la musica di sempre
ore 9,00 - Mattina... in famiglia - in diretta da Palermo
ore 11,00 - Forum - la giustizia fai-da-te
ore 12,00 - Linea nera
in questa puntata: Arcore e Castiglion Fibocchi
ore 13,00 - Tg(P)2
ore 13,30 - Amici degli Amici - reality show
ore 14,30 - Ior confesso
ore 16,00 - Assassinio sul Grand-Orient Express
ore 17,30 - Kiss me Licio - cartoni animati
ore 18,00 - La storia siamo noi
ore 19,00 - Chi vuol essere milionario
ore 20,00 - Tg(P)2
ore 20,30 - Affari suoi
ore 21,00 - Non è paese per giovani - drammatico
ore 22,30 - Venerabile Italia - talk show
ore 23,30 - Maurizio Costanzo Show
ore 00,30 - Buonanotte all'Italia - offerto da Permaflex

sabato 1 novembre 2008

Monoscopio o stetoscopio?



C'era una volta la tv italiana. Quella del monoscopio. Che, giustamente, compariva quando non c'era nulla da dire. Oggi siamo alla tv dello stetoscopio: una tv bulimica, patologica, piena di (mediocri) fiction ospedaliere.

Crimini bianchi, medici miei, terapia d'urgenza, medicina generale...Dopo gli esami di anatomia comparata superati da tempo grazie alle varie veline, letterine & C., oggi siamo finalmente arrivati alle endoscopie. Un dedalo di corsie, terapie intensive, defibrillatori, da guardare con una mano sul telecomando e l'altra impegnata in necessari, indifferibili gesti apotropaici.

Anche se poi i timori svaniscono come per incanto se il primario è uno come Sergio Muniz: credibilità zero. Perchè, al contrario dei meravigliosi e curatissimi e creativi telefilm americani, vera nuova icona pop di questi anni, la realizzazione di fiction casareccia si caratterizza come una vera produzione di immaginario a buon mercato: scrittura sciatta, attori improbabili, situazioni telefonate. Roba per un pubblico (e un elettorato) di bocca buona. Che guarda (e vota) un tanto al chilo, senza andare troppo per il sottile.

Quando va bene, ci propinano biografie agiografiche di santi, carabinieri, martiri a vario titolo, quasi sempre impegnati in interminabili intrecci amorosi che oscurano la storia principale, per cui Coco Chanel non si distingue da Albert Einstein. Altrimenti, direttamente un Sergio Muniz qualsiasi, selezionato in base a logiche assai oscure. Fortunatamente, molte di queste fiction sono state chiuse per bassi ascolti. Ma i maghi del palinsesto non sono stati sfiorati dall'idea che si trattasse di prodotti inguardabili. "C'è la crisi" è la spiegazione che si sono dati. Le persone, già afflitte dai problemi dell'economia, non hanno voglia, la sera, di angosciarsi ulteriormente.

Può essere una spiegazione plausibile, almeno in parte. Quando qualcosa non va nella vita amorosa, professionale o in famiglia, ci dicono sempre "pensa alla salute!". Appunto.

Resta il fatto che siamo, ormai da anni, in una condizione clinica sempre più deprimente di anemia creativa. E, come dice Paul Auster, "le storie accadono solo a chi sa raccontarle".