sabato 27 giugno 2009

La morale è sempre quella

Per anni, i seguaci della sinistra laica e radicale sono scesi in piazza per rivendicare la libertà sessuale. Adesso che finalmente viviamo in una società più libera, assai meno condizionata che in passato da dogmi religiosi e pregiudizi, quegli stessi libertini si scoprono moralisti e bacchettoni.

Fortunatamente, la società italiana non li segue più. Le barriere culturali del comunismo e del cattolicesimo sono crollate o si stanno sfaldando: non sono più in grado di opporre resistenza a una cultura autenticamente liberale come quella dell’attuale centrodestra e del suo leader.

Nonostante i fiumi di inchiostro e i teleobiettivi, gli scoop e l’ipocrisia censoria dei sepolcri imbiancati, la società italiana continua a votare Berlusconi e il PdL, saldamente il primo partito nazionale. Il modello della tv commerciale, basato su piacere estetico e contemplazione estatica della bellezza, vince sul grigiore e sui predicozzi moraleggianti.

Non c’è gara tra lo scintillante edonismo berlusconiano e la vita monacale di un Franceschini. Da un lato, troviamo il piacere di vivere, potendoselo permettere grazie ai frutti del proprio lavoro, tra ville, elicotteri, piscine e belle ragazze. Dall’altro, troviamo l’invidia sociale elevata a sistema da parte di chi, nella sua vita, non ha mai costruito nulla se non montagne di inutili chiacchiere.

In politica, gli scandali sessuali poi sono sempre esistiti, già dall’antica Roma. Giulio Cesare era soprannominato "la moglie di tutti gli uomini" e "il marito di tutte le mogli": l'immagine del grande condottiero fu scalfita ma non danneggiata dai suoi vizi privati.

Il piu' grande condottiero della storia di Roma, in gioventù ebbe una relazione omosessuale con Nicomede, re di Bitinia. Era poi stato l'amante delle mogli di Servio Sulpicio, di Gabinio, di Crasso, e di Pompeo. All'estero, oltre a Cleopatra, conquistò anche un'altra regina, Eunone, moglie del re di Mauritania.

Eppure Cesare non fu travolto da inutili scandali. I romani non solo non censurarono il suo comportamento, ma ne fecero un vanto nazionale: a contare erano le sue notevoli capacità militari e politiche. A Roma, la sfera sessuale ha sempre riguardato la famiglia, mai la vita pubblica.

In tempi più recenti, le scappatelle e i noti appetiti sessuali non hanno intaccato la credibilità e la grandezza storica di personalità come Kennedy o Mitterrand.

Cosa vogliamo imputare al nostro Presidente? La generosità dimostrata nei confronti di ragazze più che consenzienti? Abbiamo parlato anche troppo di questa storia, meglio sarebbe approfondire questioni più serie, anziché continuare a ficcanasare tra le lenzuola del premier.

Ognuno a casa propria è libero di comportarsi come crede, se non nuoce al prossimo. E se Berlusconi trova, nel suo tempo libero, il modo per recuperare ottimismo e joie de vivre, dovremmo anzi essergliene grati: quella stessa vitalità si trasferisce nell’azione di governo, che risulta infatti ogni giorno più fertile e penetrante.

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giovedì 25 giugno 2009

Un uomo da marciapiede

Questa legislatura segnata dal marchetting si è aperta con il severo provvedimento antiprostituzione dell’autorevolissimo Ministro Carfagna. Solo adesso, con il seno di poi, riusciamo a cogliere l’importanza del provvedimento. Volevano togliere le lucciole dalle strade. Per portarle tutte a Palazzo Grazioli.
Qualche tempo fa, Eliot Spitzer, governatore di New York, si dimise dopo essere stato coinvolto in un giro di prostituzione. Il Presidente Bill Clinton per uno scandalo sessuale rischiò l'impeachment e chiese scusa agli americani per aver mentito. In Italia Silvio Sircana, portavoce di Prodi, si dimise dopo che vennero pubblicate le sue foto mentre si soffermava, lungo la strada, ammirando l'amor profano.
Da noi Silvio, freudianamente, tiene duro. Adesso gira voce che la Merkel potrebbe disertare il G8. Per l'occasione lo ribattezzeranno Punto G 8.
I produttori di fiction, sempre attenti a quanto accade nella realtà italiana, si stanno attrezzando per un adattamento tv del romanzo di Stieg Larsson. Titolo: uomini che comprano le donne.

mercoledì 24 giugno 2009

Dux and the City

Cari azionisti, oggi commettiamo un piccolo peccato di vanità.
Abbiamo raccolto le idee di questi mesi in un libro, stampato ovviamente a nostre spese, che si può acquistare on line a prezzo "popolare" al seguente indirizzo:

Grazie a tutti per il sostegno. Giulio

domenica 21 giugno 2009

I vestiti dell'imperatore

Dalle toghe rosse alle luci rosse. Dal magnate al magnaccia. Il nostro boccaccesco Presidente del Consiglio non ci fa mancare nulla in questa lunga estate calda. Apprendiamo che persino durante la storica notte elettorale in cui venne eletto Barack Obama, il capo del Governo italiano si dedicava ad altri tipi di spogli. L’aria che tira è strana, più strana del solito. Il fedele Giuliano Ferrara fa la mossa del cavallo e stigmatizza il comportamento del Berlusca in un editoriale intitolato “Un premier non si difende così”. Il Corriere della Sera ha aperto il secondo filone dell’inchiesta, dopo Repubblica. L’Avvenire, quotidiano dei vescovi, chiede chiarezza.

La barca, anzi lo yacht, sta affondando? La democrazia verrà salvata da qualche Putain de la République? Siamo al coitus interruptus? Nel frattempo, i marescialli dell’informazione tv continuano a puntellare il regime: coprendosi di ridicolo, quasi tutti i tg nascondono la notizia. Ma fino a quando potrà durare il loro gioco? Difendono il loro stipendiuccio, la loro poltroncina ma perdono la faccia. Se mai ne hanno avuta una.

Il giochino mediatico di accusare l’accusatore (stavolta è D’Alema) comincia a mostrare la corda. Se dovesse venir fuori il filmato decisivo, sarebbe difficile negare l’evidenza. Avremmo così il felice paradosso di un tycoon dei media, arrivato al potere grazie ad un controllo minuzioso dell’immagine, fatto fuori dalla camera poco candid di un cellulare. Chi di video ferisce, di video perisce.

A questo punto, non resta che iscriverci al gruppo di Facebook “Che altro deve fare Berlusconi per farti cambiare idea, trombarsi tua nonna?”. Si concluderebbe così, tra lenzuola e ricatti, la transizione italiana dal CAF al Cav. Dalla Camera dei Deputati alla camera da letto. Un’orgia di potere festeggiata con spirito dionisiaco, un delirio narcisistico, un’allucinazione catodica fascistoide, utile a verificare, una volta di più, la mediocrità della nostra classe dirigente: politicanti, manager e giornalisti hanno fatto a gara nel mostrarsi proni al potere, qualunque potere, anche il più clownesco e impresentabile.

Concludiamo riportando, tratta da Wikipedia, la sintesi della fiaba danese di Hans Christian Andersen “I vestiti nuovi dell’imperatore”:

La fiaba parla di un imperatore vanitoso, completamente dedito alla cura del suo aspetto esteriore, e in particolare del suo abbigliamento. Alcuni imbroglioni giunti in città spargono la voce di essere tessitori e di avere a disposizione un nuovo e formidabile tessuto, sottile, leggero e meraviglioso, con la peculiarità di risultare invisibile agli stolti e agli indegni.
I cortigiani inviati dal re non riescono a vederlo; ma per non essere giudicati male, riferiscono all'imperatore lodando la magnificenza del tessuto. L'imperatore, convinto, si fa preparare dagli imbroglioni un abito. Quando questo gli viene consegnato, però, l'imperatore si rende conto di non essere neppure lui in grado di vedere alcunché; come i suoi cortigiani prima di lui, anch'egli decide di fingere e di mostrarsi estasiato per il lavoro dei tessitori.
Col nuovo vestito sfila per le vie della città di fronte a una folla di cittadini che applaudono e lodano a gran voce l'eleganza del sovrano. L'incantesimo è spezzato da un bimbo che, sgranando gli occhi, grida: "ma non ha niente addosso!"; da questa frase deriverà la famosa frase fatta

« Il re è nudo! »

Prima di oggi, pensavamo che l’esclamazione fosse soltanto una metafora.

martedì 16 giugno 2009

Concorrenza sleale

"È nostro dovere operare affinché il mercato si presenti come una casa di vetro: la trasparenza ispira fiducia e garantisce la libertà di scelta dei singoli". L’ineffabile presidente dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato Antonio Catricalà nell'odierna Relazione annuale presentata a Montecitorio sembra Pinocchio nel Paese dei Balocchi. Peccato che intorno a noi non si veda zucchero filato: prosperano cartelli, corporazioni, protezionismi e monopoli mascherati.

Le sanzioni comminate in tema di scorrettezze commerciali sono pari a 52 milioni di euro, 28 milioni di euro per i procedimenti che riguardano intese restrittive della concorrenza e 3 milioni di euro per abusi di posizione dominante. Bruscolini per i rispettivi mercati di riferimento.

L’Autorità garante della concorrenza e del mercato nasce in Italia diciannove anni fa, esattamente un secolo dopo lo Sherman Act, la più antica legge antitrust degli Stati Uniti per limitare i monopoli. I risultati non ci sembrano esaltanti.

Il 1990, anno di nascita del sedicente garante del mercato concorrenziale in Italia, è lo stesso anno della legge Mammì, che ha sancito la definitiva legittimazione di Fininvest e la nascita del duopolio, con tutti i guasti che tale obbrobrio economico-giuridico ha prodotto negli anni.

Infatti abbiamo l’autorità antitrust ma abbiamo anche il trust più incredibile della storia mondiale, quello incarnato da Berlusconi. Il più grave per delicatezza del settore (la circolazione delle idee), estensione (tv, quotidiani, periodici, libri) e conseguenze storico-politiche (il conflitto di interessi): una lobby si è impadronita direttamente del potere esecutivo e legislativo.

Una situazione opprimente che si aggiunge, per fare un esempio, alle incredibili vessazioni esercitate sui consumatori da banche, assicurazioni, notai, farmacisti e tassisti e alla cronica assenza di criteri realmente meritocratici nella sfera pubblica e privata.

Altro che casa di vetro. Il nostro Antitrust alle vongole si fa però notare soprattutto per il severo perseguimento della pericolosissima pubblicità ingannevole: “false offerte di lavoro, promozioni di prodotti civetta, finte vendite sottocosto, promesse di vincita alle lotterie, proposte reticenti che alimentano il miraggio di un facile credito al consumo” e pratiche che attribuiscono "poteri miracolosi" a cibi, pillole, cosmetici.

Ciarlatani e impostori vanno puniti, ma non è questo il cuore del problema di un mercato asfittico e sostanzialmente illiberale. Ci sembra la stessa strategia adottata da “Striscia la notizia”: si colpiscono i maghi, le fattucchiere e le vannemarchi per evitare di affrontare i problemi veri. Cercando di passare, in un caso, per i paladini della controinformazione; nell’altro, per i paladini del libero mercato. Autorità non vuol dire necessariamente autorevolezza.

domenica 14 giugno 2009

Video (doesn’t) killed the radio (Rai) stars

In via Asiago il tempo si è fermato. Il recinto della radiofonia pubblica sembra miracolosamente immune dall’imbarbarimento, dalla volgarità, in una parola dalla berlusconizzazione, che affliggono altri comparti della comunicazione, inclusa la stessa Rai-tv. In effetti sembrano due aziende diverse.

Ascoltando la radio, ritroviamo ancora oggi la Rai intelligente, creativa, colta e divertente. Il primato dell’immagine qui non attecchisce, per ovvie ragioni tecniche. E quando la parola mantiene la sua centralità, è più facile arginare i ceroni e i soprattacchi. La sfera razionale equilibra ancora quella emotiva, la testa mantiene il suo dominio sulla pancia.

Nella modulazione di frequenza del servizio pubblico non ci sono reality né format né tette siliconate né labbra botulinate. Le trasmissioni, realizzate con grande professionalità, hanno un sapore originale, non omologato, vicino alle radici del Paese. Nel segnale orario o nelle informazioni sul traffico, capita ancora di sentire le “voci” tipiche della Rai: timbro profondo, dizione impeccabile. Un dna che in tv si rintraccia ormai con difficoltà, visto che mandano in video anche i passanti.

Nei talk show politici di Radio 1 (“Radio anch’io”, “Zapping”), anche se di parte, le telefonate in diretta degli ascoltatori sono la regola: un esercizio di democrazia impensabile, ad esempio, in “Porta a porta”. I varietà di Radio 2 (“Il ruggito del coniglio”, “Grazie per averci scelto”, “Fabio e Fiamma”, “610 – Sei Uno Zero”, “Caterpillar”, “Black Out”) sono tutti esempi di divertimento fragrante, programmi di grande lavoro autoriale ma che non perdono la loro spontaneità. Per non parlare di Fiorello: il suo ciclo di sette anni di “Viva Radio 2” è entrato di diritto nella storia della radiofonia italiana. Le trasmissioni culturali di Radio 3 (“Il terzo anello”, “Prima pagina”, “Fahrenheit”, “Radio 3 Suite”), insieme ai concerti di opera e musica classica e alle letture dei romanzi, compongono un palinsesto assolutamente impensabile nella tv di oggi, che sul piccolo schermo finirebbe relegato ad orari impossibili o in qualche nicchia digital-satellitare.

Le trasmissioni della radio sono sparite persino da Tv Sorrisi e Canzoni: evidentemente a Segrate hanno capito che si tratta di un mondo a parte, culturalmente impermeabile alle sirene e ai biscioni, da rendere il più possibile periferico. Un mondo che ripropone ostinatamente un’idea “alta” di servizio pubblico, che giorno per giorno ne rinnova il ruolo centrale, importantissimo in una società ignorante e smarrita. Un mondo nel quale è possibile informare senza troppe piaggerie, divertirsi senza sbracare, imparare cose nuove senza annoiarsi. Sembra poco, ma è tantissimo.

giovedì 11 giugno 2009

Le corna in tasca

E’ in circolazione un film, il peruviano La teta asustada (Orso d’oro a Berlino), nel quale la protagonista si infila una patata nella vagina per il timore di essere stuprata. Sarà un ginecologo a convincerla: dovrà togliersela perché potrebbe, secondo lui, pericolosamente germogliare. Quando la metafora arriva alla patata nella patata, fermarsi a ragionare potrebbe essere una buona idea.

Tuberi a parte, la pellicola appartiene al filone “tragedie del mondo”, sempre fruttuoso di premi, riconoscimenti internazionali e pubblico bigotto. La ricetta è questa: prendi una tragedia, tratta a piacere dalla storia o dalla geografia internazionale. Ci schiaffi dentro un’ideuzza, una provocazione qualunque, una sottile metàfa, come diceva il "regista de paura" Rocco Smitherson (alias Corrado Guzzanti): qualcosa che insomma caratterizzi il tutto come "d’autore". Dopo aver shakerato bene, servi il coktail fighetto e lo condisci con un po’ di marketing.

Denunciamo di tutto: più che cinema sembra un commissariato. Desaparecidos, conflitti tra pashtun e hazara, avidità del capitalismo, crimini del comunismo, follie del fascismo, violenze morali e materiali, incubi a occhi aperti, paurose costruzioni goticheggianti, barbieri diabolici, alibi e sospetti, angeli e demoni, anticristi e camerlenghi volanti, vampiri, hacker tatuati e famiglie disfunzionali.

Il resto del copione lo conosciamo. Le giurie dei festival si sdilinquiscono, i sacerdoti dei film in lingua originale vanno in brodo di giuggiole, gli pseudointellettuali si sentono ancora più protetti nella loro distanza siderale dalle masse plebee dei reality e dei tronisti.

In realtà vediamo sempre lo stesso, angosciante film. Dove sono le commedie? Che fine hanno fatto l’ironia, la leggerezza, la fantasia, Billy Wilder, Ernst Lubitsch, Alberto Sordi, il racconto dell’oggi? Ci consoliamo con i dvd, mentre nel buio delle sale imperversano visionari a gettone e iettatori in 35 mm. E ricordiamo con nostalgia quando, nei cinema affollati, potevamo sgranocchiare popcorn. Oggi facciamo gli scongiuri in sale semideserte.

martedì 9 giugno 2009

Analisi del vuoto

Blog Out
Secondo un'indagine del Censis, durante la campagna elettorale il 69,3% degli elettori ha formato la sua scelta attraverso le notizie e i commenti trasmessi dai telegiornali. I Tg restano il principale mezzo per orientare il voto soprattutto tra i meno istruiti (il dato sale, in questo caso, al 76%), i pensionati (78,7%) e le casalinghe (74,1%). Al secondo posto si piazzano i programmi televisivi di approfondimento giornalistico a cui si e' affidato il 30,6% degli elettori.
Al terzo posto si colloca la carta stampata: i giornali sono stati determinanti per il 25,4% degli elettori.
Internet non sfonda nella comunicazione politica. Durante la campagna elettorale, per formarsi un'opinione solo il 2,3% degli italiani maggiorenni si e' collegato ai siti web dei partiti per acquisire informazioni, e solo il 2,1% ha visitato blog, forum di discussione (tratto da
www.repubblica.it)

Dux and the City
Mussolini fondò Cinecittà e fu, con Lenin, il primo statista a credere nella propaganda del cinema. Il potere dell’immagine però non era tutto, c’era anche quello della parola.
La radio fu da subito al centro della propaganda di regime: le trasmissioni iniziarono il 6 ottobre 1924 con il nome di Unione Radiofonica Italiana (Uri) per poi diventare nel 1927 Ente Italiano Audizioni Radiofoniche (Eiar), diretta antenata della Rai. Le trasmissioni ricreative venivano alternate ai discorsi del Duce, alle Cronache del regime e al Commento dei fatti del giorno. Alcuni programmi erano realizzati sotto il diretto controllo del partito.
Anni luce o Istituto Luce? La recente campagna elettorale è stata caratterizzata da un totale asservimento della televisione che ha mascherato i fatti e che, come dimostra l’indagine Censis, è servita moltissimo a puntellare un consenso che, in un normale Paese democratico, sarebbe crollato.
Della serie: ti piace vincere facile, eh?

Dagli Appennini alle urne
Il PD tiene solo in Emilia e in Toscana e neanche come una volta. Il resto, dal nord leghista e berlusconiano al sud clientelare, è un mezzo disastro. Franceschini fa venire in mente la famosa battuta: “Lei dice cose nuove e interessanti. Peccato che le cose nuove non siano interessanti e quelle interessanti non siano nuove.” Il segretario democratico sembra uno di quei supplenti che, a scuola, sostituivano gli insegnanti titolari. Non è di ruolo: sapendo che va via a ottobre, le sue interrogazioni, le sue note (e le sue idee sulle future alleanze) valgono poco.

Lègami!
Ricky è stato rilasciato da un manicomio, e sa esattamente cosa vuole fare: cerca di convincere Marina, una pornostar con la quale una volta aveva fatto sesso, a sposarlo. Lei è riluttante e così lui la lega al letto.
Il film di Almodóvar ha una trama perfetta per l’orizzonte culturale (?) leghista. Probabile un adattamento italiano. Dall’Extremadura al celodurismo.

Una vicenda grammatica
L’italiano malfermo di Antonio Di Pietro toglie autorevolezza alle cose (giuste) che dice. Da solo, il suo partitino monocratico non è credibile e non offre un’alternativa reale di governo. Scoria di un italiano.

Il bello del mattone
Al fascinoso Pierferdy sta forse riuscendo l’aspirazione dorotea di una vita: diventare l’ago della bilancia, determinante per la vittoria degli uni o degli altri. Ha riesumato De Mita (sob), scommesso su Emanuele Filiberto (sic), il suo vice si chiama Totò Cuffaro (gasp). Ma al centro, si sa, ci sono sempre molti Casini. Nonostante tutto, il suo futuro è rosa. Anzi, è Azzurra.

Gemelli diversi
L’autolesionismo dello spezzatino comunista è tale che, pur di appagare il loro narcisismo elettorale, si presentano separati e mancano il quorum. Quousque tandem abutere patientia nostra? Condannati all’estinzione dalla storia e dalla matematica. Giurassici.

P.S.
Secondi Fini
L’outsider. Il compagno Fini si sta accreditando come uomo delle istituzioni, all’insegna del politicamente corretto. Siamo guardinghi, ma al momento rimane l’unico che, a destra, antepone la Camera alla telecamera.

venerdì 5 giugno 2009

Campania elettorale

Più che il milite, ignoto ci è il limite. In Gran Bretagna il gabinetto guidato da Gordon Brown inciampa su qualche nota spesa gonfiata. Ai nostri occhi, un modesto malcostume: nella perfida Albione ha provocato le dimissioni a raffica dei ministri in carica.

Un po’ più a sud, in questa Europa unita ma lontanissima, viviamo in un'altra dimensione. Ci imbattiamo in strane compagnie di giro della periferia partenopea; sontuosi veglioni allietati da ninfette e menestrelli volanti (a nostre spese); testimoni corrotti per nascondere giudici corrotti; esercito che sorveglia la monnezza, salutato poi con ritardi e smorfie nelle cerimonie ufficiali; allergia alla libertà di stampa.

Alcuni di questi comportamenti sono contrari al protocollo, al galateo, al decoro, alla buona educazione. Regole non scritte, che in Italia sono calpestabili senza spiegazioni. Per le regole scritte, la soluzione è semplice. Basta riscriverle.