Adoravo godermi in tv gli spezzoni dei vecchi varietà.
Immaginavo famiglie intimamente riunite davanti al teleschermo, dolcemente accompagnate dallo swing elegante di Lelio Luttazzi, dall’ironia di Walter Chiari o Franca Valeri, dai virtuosismi di Mina. Un film è pensato per durare ma la televisione è, per sua natura, instabile: un prodotto legato al presente, fragrante ma caduco, in quanto legato alla fruizione di una sera. Ecco perché quei vecchi materiali in bianco e nero mi affascinavano tanto: miracolosamente sottratti all’oblio e restituiti alla memoria collettiva, in un certo senso facevano autenticamente viaggiare nel tempo.
Anche quest’estate, come al solito, gli archivi Rai sono stati saccheggiati a piene mani, confermando nel servizio pubblico un’irresistibile vena creativa nella costruzione dei palinsesti. A differenza che nel passato, tuttavia, il magnetismo che esercitavano quelle immagini per me si è come dissolto. Svanito. Come mai? Ho provato a darmi qualche spiegazione.
1. NOIA E CONTAMINAZIONE
Gli spezzoni tendono inevitabilmente a ripetersi e anche il più strepitoso, alla dodicesima visione, comincia a scricchiolare. Le riproposizioni dei varietà classici hanno quindi cominciato a essere contaminate con segmenti di insulsa tivù contemporanea, già priva di qualsiasi interesse in diretta, figuriamoci in replica.
2. MANCATA CONTESTUALIZZAZIONE
I contributi vengono presi e trasmessi senza neanche uno straccio di sovrimpressione che ricordi il titolo della trasmissione, l’anno di messa in onda e i nomi dei protagonisti. Che spesso i più giovani non riconoscono e i più anziani non ricordano.
3. MALINCONIA
Fino a qualche tempo fa, mi illudevo di poter rivivere i fasti dei varietà di quegli anni; ogni tanto, gli eventi firmati Celentano o Fiorello facevano ben sperare. Oggi la programmazione è omologata e sciatta, priva di talenti e uniFORMATa. Il contrasto con quelle inarrivabili produzioni ben scritte, lungamente provate ed elegantemente professionali degli anni ’60 e ’70 è talmente stridente da produrre inevitabilmente un senso di malinconia catodica.
4. CONCORRENZA
Il TG1, che precede Supervarietà, è spesso assai più esilarante.
Come diceva Simone Signoret, “la nostalgia non è più quella di una volta”.