domenica 14 dicembre 2008

Il ratto della Sabina

Dispiace dirlo, ma lo spettacolo di ieri sera di Sabina Guzzanti, a Roma con il "Vilipendio Tour", è stato deludente.

Il grande talento di Sabina, che tutti apprezziamo, sembra perseguitato da una specie di ombra nera, che la porta più vicino ai lidi desolati della retorica, allontanandola dai registri nobili di una satira realmente graffiante.

In un film di Woody Allen si dice: “Se piega fa ridere, se spezza non fa ridere”. Penso che il problema sia esattamente questo. Il punto non è COSA si dice, ma COME lo si dice.

Pur condividendo il merito delle considerazioni politiche di Sabina, questo non basta per apprezzare lo spettacolo. Spesso si trattava di semplici constatazioni di oscene evidenze del nostro disperato e volgare quadro politico, a destra “ma anche” a sinistra.

Ma se io voglio sentire dei fatti messi in fila, vado a sentire Marco Travaglio, che lo sa fare molto meglio di Sabina, e in modo più documentato.

A volte il tipico, felice registro espressivo che conosciamo è tornato alla luce: la Finocchiaro era perfetta, la “gggiovane” politica del PD anche (sbaglio o ispirata a Pina Picierno?).

Gran parte dello spettacolo però è costituito da una specie di enciclopedia livorosa di personaggi (Pansa, Moretti e molti altri) contro i quali Sabina indirizza i suoi strali polemici. Davvero insopportabili, poi, gli intermezzi rap: Sabina non ha la voce nè il ritmo per sostenerli e davvero non si capisce perchè insistere tanto su questa modalità espressiva, con la musica che oltretutto a volte “copriva” le parole, rendendo poco intellegibile il contenuto. D’accordo con il rap come metafora del canto di protesta, ma intanto devi saperlo fare, altrimenti meglio lasciar perdere.

L’intero spettacolo era per gran parte incentrato sulla Guzzanti stessa: il discorso di piazza Navona, le querele etc… Mi sembra che Sabina sia ormai prigioniera di un ego ipertrofico, che la fa tragicamente assomigliare alle sue maschere più riuscite, Berlusconi e D’Alema, nel loro ridicolo sentirsi al centro del mondo. O come quei giornalisti, che lei stessa stigmatizza, che mettono al centro della rappresentazione mediatica sè stessi anzichè le notizie.

Il talento di Sabina non si discute. Ma, per tornare protagonista, dovrebbe avere l’umiltà di mettersi da parte, circondandosi di un regista e, soprattutto, di autori veri, che sappiano “piegare” e non solo “spezzare”.

venerdì 12 dicembre 2008

Violazioni senza sosta

Roma, una via qualsiasi di una trafficata zona semicentrale. Macchine parcheggiate incivilmente in doppia fila. In una di queste, una signora indugia con lo sportello aperto. Il traffico rallenta, poi si ferma. La signora carica con calma i suoi pacchi natalizi. Poi finalmente richiude lo sportello e mette in moto.

Un tempo l'operazione sarebbe stata accompagnata da un salutare strombazzamento di clacson, che almeno avrebbe censurato il comportamento poco rispettoso di quell'automobilista in sosta vietata. Oggi gli altri guidatori tendono a rassegnarsi, a non protestare. Tanto sanno che, prima o poi, vivranno la stessa situazione a parti invertite; probabilmente sperano in altrettanta tolleranza.

Il microcosmo della circolazione stradale è sintomatico dello "spirito pubblico" di un Paese. Da noi si tende sempre più spesso a lasciar correre: comportamenti arroganti, strisce pedonali non rispettate, indicatori di direzione usati con parsimonia. Il sistema urbano tende ad assestarsi su un equilibrio via via più basso, giocando su una silenziosa complicità, che si basa su un rispetto parziale e discontinuo delle regole. In questo modo, si abbassano le aspettative reciproche di possibili comportamenti virtuosi. Aprendo la strada a violazioni sempre più smaccate.

Adesso per le vie di Roma tutti sanno che possono fermarsi praticamente ovunque in doppia fila a fare i propri comodi. Lo stesso avviene per i furgoni e per i pullman turistici. Le strade sono costellate di vetture ferme in modo improprio che, inevitabilmente, rallentano il traffico complessivo. Ma si tratterebbe di difendere un vantaggio collettivo. E all'italiano che je frega?

giovedì 11 dicembre 2008

Piove, governo ladro

Il Governo Berlusconi ha improvvisamente deciso di censurare le trasmissioni meteo. L’imperversare del maltempo sulla Penisola è infatti addebitato dall’esecutivo ai colonnelli dell’Aeronautica Militare i quali, prevedendo quotidianamente il peggioramento delle condizioni atmosferiche, implicitamente lo favoriscono, in base al noto principio della “profezia che si autoavvera”.

Una situazione che, oltre ai trascurabili disagi per i disgraziati che devono muoversi in un Paese con infrastrutture fatiscenti, favorisce il degenerare della satira con intollerabili battute che prendono di mira il Governo.

L’accumularsi di nembi cumuliformi, come hanno spiegato alcuni psicologi, induce oltretutto la popolazione al pessimismo, deprimendo i consumi. Al posto delle trasmissioni meteo, andranno quindi in onda immagini dal satellite ritoccate con Photoshop, nelle quali le formazioni nuvolose scompariranno costantemente dallo Stivale.

Quei bolscevichi del servizio meteorologico saranno deportati a Pratica di Mare; trattamento di favore per il colonnello Giuliacci, che si occuperà di televendite di materassi insieme a Giorgio Mastrota. Eliminato anche “Che tempo che fa”. Al suo posto, raffiche di spot dedicati all’Italia “Paese del Sole”.

mercoledì 10 dicembre 2008

Non sappia la sinistra quel che fa la sinistra


La coazione a ripetere della sinistra italiana: dividersi su qualsiasi argomento. A prescindere, come diceva Totò. Così giovedì scorso ci è toccato assistere, nel corso di Annozero, all'ennesimo regolamento di conti progressista, peraltro su un evento che cambierà le sorti dell'umanità: la vittoria di Luxuria all'Isola.

Da un lato Norma Rangeri del Manifesto, orgogliosamente e cocciutamente contraria al circo Barnum di reality e affini. Dall'altro Piero Sansonetti di Liberazione, felice della vittoria transgender, con ogni probabilità intimamente convinto che "il sistema va cambiato dal di dentro". Entrambi hanno affrontato la questione, comicamente seduti accanto a Belen Rodriguez, con la stessa ironia che si può rintracciare in una madrassa.

In mezzo ci siamo noi, che abbiamo assistito a tante di queste faide spacciate per "libertà intellettuale" e "democrazia interna", che non abbiamo più nemmeno voglia di entrare nel merito. Dal congresso di Livorno alle svolte di Salerno e della Bolognina fino alle noci di cocco dell'Honduras, il risultato è sempre una specie di mitosi cellulare, che porta le varie formazioni a dividersi in subparti sempre più piccole, con percentuali elettorali ormai da prefisso telefonico, ma tutte entusiaste del proprio orticello. Tutte con la verità in tasca.

I prossimi "dibattiti" interni alla sinistra saranno: meglio attaccare Berlusconi o meglio non "demonizzarlo"? Meglio il caviale Beluga o Oscietra? Per il brindisi di Capodanno meglio lo champagne bianco o rosé? Non vediamo l'ora di appassionarci a questi nuovi, epici scontri. Così ci avvicineremo alla scissione dell'atomo.

martedì 9 dicembre 2008

T.V.B. ovvero Tele Visione Berlusconi


Si consuma più tv. La crisi economica frena le uscite fuori casa. Oltre 800mila persone in più nel giorno medio, quasi un milione nelle due ore di prima serata. Crescono le reti generaliste, ma salgono di quota anche i canali satellitari.

Chi non può permettersi altre forme di intrattenimento culturale o di svago, si svacca in poltrona.

Il piccolo schermo conferma così il suo potere di attrazione nei confronti delle fasce meno abbienti della popolazione.

E le elezioni europee si avvicinano...

sabato 6 dicembre 2008

Gemellaggio

Silvio Bellicapelli ha ricevuto nella sua residenza romana di Palazzo Grazioli, per circa un'ora, le gemelle De Vivo: due ragazze di ventisei anni quasi identiche, dallo sguaiato accento partenopeo, note per aver partecipato all'Isola dei Famosi (giuriamo: la notizia è vera).

Di cosa avranno parlato? Ecco alcune ipotesi.

10. Di giustizia. Sono esperte di "penale" e una di loro portava le manette.
9. "Presidente, ma non aveva detto tre ore?"

8. Di scuola. Intendevano riparare al loro debito formativo con un esame "orale".
7. Hanno chiesto di fare uno stage.

6. Dei rifiuti di Napoli. Anche se loro non "rifiutano".

5. Della nuova legge sulla prostituzione. Hanno discusso il decreto attuativo.

4. Di niente in particolare. Ma di questi tempi è meglio incontrarsi di persona che parlare al telefono.

3. Della pornotax. Avrebbero chiesto una speciale esenzione.

2. Di economia. Intendono contribuire al rialzo della Borsa.

1. In quanto gemelle, il premier le vedrebbe bene alle Pari Opportunità.

Il re è nudo ma chi se ne importa?

La satira politica in tv non graffia più. E non fa audience. Che succede?
Intanto abbiamo una realtà che supera costantemente la fantasia. Con un premier che sembra Macario. Lì c'è poco da aggiungere.
In secondo luogo, i fratelli Guzzanti, numeri uno in questo settore, si fanno vedere poco e niente.
Infine, le imitazioni satiriche proliferano dappertutto. Le abbiamo viste in "Artù", "Annozero", "Quelli che..", "Glob", "Parla con me", "Non perdiamoci di vista", "Crozza Italia"...Sicuramente dimentico qualcosa.
La satira sembra soffrire la stessa entropia della sinistra. Una volta c'era il grande partito-trasmissione: la scuola della Dandini, tutto era lì dentro, cucito insieme e con un filo narrativo coerente. Poi, l'esplosione in mille partitini/minivarietà, dettata dal protagonismo dei piccoli leader ma senza un'identità precisa. E anche oggi, l'adesione a un singolo programma non è affatto garanzia di coerenza, in politica come in tv.
E in politica come in tv il Potere ("divide et impera") si giova di questa diaspora. Approfitta della debolezza altrui per rafforzarsi ulteriormente. Così vince Berlusconi. E pure la De Filippi.

venerdì 5 dicembre 2008

Tertium non datur

Gira voce che, dopo la Commissione di Vigilanza Rai, Silvio Bellicapelli potrebbe piazzare i suoi cortigiani anche a Rai Tre.

Non sopporta Fabio Fazio, Crozza a Ballarò, i giornalisti dark del Tg3, le inchieste di Report, il salotto della Dandini oltre a qualche ultimo, sguarnito avamposto della gauche televisiva, accusata di disfattismo. Guarda caso, la stessa accusa rivolta dalla censura fascista ad ogni contenuto considerato alieno rispetto all'ideologia dominante e/o all'interesse nazionale.

Così non ci sarà più bisogno di scavalcare incappucciati i tornelli di via Teulada. Sarà contento Brunetta. La normalizzazione del pensiero unico non tollera voci dissonanti. Non sia mai venisse un dubbio a qualcuno.

Il controllo diretto o indiretto si estenderebbe quindi alle 6, e sottolineo 6, principali reti televisive nazionali. Come nel Truman Show. Speriamo, un giorno, di riuscire anche noi a squarciare quel fondale di cartapesta. Un fondale dipinto di un artificiale cielo azzurro, abilmente dissimulato.

giovedì 4 dicembre 2008

C'era una volta Superman

Sta per uscire il cofanetto in dvd con la seconda stagione di "Heroes", la serie statunitense nella quale alcuni individui scoprono di avere poteri eccezionali. Il telefilm è molto ben fatto: pur non avendo la profondità di "Lost", temi come il destino e l'alterazione temporale si amalgamano bene con i suggestivi effetti speciali. Un racconto avvincente nel quale la tv racconta, sublimandolo, il suo tramonto.

Facebook, MySpace, YouTube e anche i blog, come quello che state leggendo, hanno infatti ormai segnato una discontinuità epocale: le persone comuni diventano protagoniste dei flussi comunicativi. C'era una volta Superman che, con i suoi superpoteri, salvava le masse inermi. Oggi i media generalisti stanno perdendo i loro superpoteri, le persone comuni li stanno acquistando.

Persino il Tg1 se n'è accorto, aprendosi ai contributi video dei telespettatori. Ma in questo caso si tratta di un riconoscimento che, come ha osservato Michele Serra, puzza di paternalismo. Una scadente e tardiva presa d'atto, in stile "Paperissima", di un'informazione orizzontale che ha trovato strade assai più evolute per esprimersi in rete.

Il percorso che porterà al declino dei media generalisti, in primis la tv, è ancora lungo. Soprattutto in Italia, visto il governo attualmente in onda. Non scompariranno mai del tutto, ma il loro ruolo sarà certamente ridimensionato. Come per quei supereroi che si ostinavano a indossare ridicole calzamaglie. Quando, a volte, basta un pc.

mercoledì 3 dicembre 2008

Parabola discendente

Il Telegoverno raddoppia l’Iva su Sky dal 10 al 20%. In questi stessi giorni, Mediaset Premium esce con intere paginate pubblicitarie sui quotidiani, reclutando nuovi abbonati per il digitale terrestre.

Stavolta l’ordine di scuderia è che “la norma che rialza l'Iva per i servizi Sky serve ad evitare l'apertura di una procedura di infrazione Ue”, come ha spiegato Sapientino Tremonti.

Benissimo. Ci aspettiamo uguale sollecitudine nel concedere le frequenze di Rete4 a Europa 7, come deciso dalla Corte di Giustizia Europea. Ma in questo Paese di azzeccagarbugli, la legalità e i diritti sono sempre intermittenti, modello lucine di Natale.

Nel frattempo, Silvio Bellicapelli trova il tempo di dire che, per come hanno riferito la vicenda, i direttori di Corriere della Sera e Stampa devono andare a casa.

La solita concezione padronale dell’informazione. Vomitata non a caso su Corriere e Stampa, che si indirizzano a un pubblico con un’opinione meno strutturata rispetto, per esempio, a Repubblica. Si rivolgono ai "moderati", sono quindi più pericolosi.

Lo stesso motivo per cui Biagi venne cacciato dal preserale quotidiano di Rai 1, nel quale parlava credibilmente a tutto il Paese: al suo posto oggi troviamo pornografici giochi a premi. L’informazione, quando non è gradita, viene accusata di essere faziosa, di parte, quindi screditata e buttata via, oppure isolata.

Come in Fahrenheit 451, i libri vengono bruciati; questi barbari in doppiopetto vogliono aggiungere al falò i giornali e le tv non perfettamente allineati alla egocrazia silviesca.

La nostra libertà sta morendo un po’ ogni giorno. Salutata da scroscianti applausi e con il prossimo pacco da aprire.

martedì 2 dicembre 2008

La Mala Educación


La Santa Sede boccia con decisione il progetto di una depenalizzazione universale dell'omosessualità. Un' iniziativa presa dalla presidenza di turno francese dell'Unione europea, e accolta da tutti i 27 Paesi della Ue. Immediato il "no" della Santa Sede. Ancora oggi, l’omosessualità è un reato in 80 Stati dei 180 che compongono le Nazioni Unite; in 9 di questi è prevista la pena di morte, in altri 8 l’ergastolo. Una versione aggiornata della lotta ai “culattoni” già intrapresa a suo tempo dal Ministro Calderoli. Ma a lui, si sa, piace semplificare. Dovrebbero farlo cardinale.

Sempre in questi giorni, con sprezzo del ridicolo, il pulpito di Silvio Bellicapelli ha deciso di tassare la pornografia per decreto: "ogni opera letteraria, teatrale e cinematografica, audiovisiva o multimediale, anche realizzata o riprodotta su supporto informatico o telematico in cui siano presenti immagini o scene contenenti atti sessuali espliciti e non simulati tra adulti consenzienti." Rimangono nel sommerso la prostituzione intellettuale e la pornografia dei sentimenti, entrambe praticate quotidianamente dal berlusconismo nella sua versione politica e in quella televisiva.

Pensieri, parole, opere e omissioni del Governo e del Vaticano: la stessa ipocrisia da sepolcri imbiancati. Il primo sanziona e tassa prostituzione e pornografia. Tanto loro la gnocca se la procurano gratis, basta offrirgli un posto da velina o una poltrona qui e là, a spese dei contribuenti. Il secondo si adopera per discriminare gli omosessuali. Tanto sanno che i preti pedofili e pederasti troveranno sempre un chierichetto nella penombra delle loro sacrestie.

Soprattutto, i sacerdoti dell’amore sacro e dell’amor profano hanno in comune un pericoloso strabismo. Trattando come pubblico ciò che dovrebbe rimanere privato e come privato ciò che dovrebbe essere pubblico.

lunedì 1 dicembre 2008

I care. We can. They win.


La battuta è di Edmondo Berselli. Nel suo libro “Sinistrati - Storia sentimentale di una catastrofe politica” diagnostica con prosa tagliente e ironica la malattia cronica della sinistra italiana, che la sta portando a diventare una specie di “minoranza strutturale” o “minoranza permanente”.

L’analisi è impietosa: da un lato la semplificazione esasperata della destra che fa apparire -e sottolineiamo apparire- le soluzioni di tutti i problemi a portata di mano. Dall’altra, l’atavico “benaltrismo” della sinistra che, a furia di analizzare la complessità, perde sempre il bandolo della matassa: ogni questione rimanda sempre a “ben altro”, con il risultato che le soluzioni non si trovano mai e il dibattito si fa estenuante e improduttivo.

Il libro contiene alcuni passaggi che sottoscriviamo in pieno:
E’ tutta colpa nostra. Perché abbiamo creduto di poter combattere contro la destra dall’alto di una superiore qualità morale e culturale. Perché non abbiamo saputo capire com’è fatta davvero la società italiana. Perché non abbiamo voluto vedere in faccia la realtà. Perché non guardiamo la televisione, e se la guardiamo facciamo finta di non guardarla. E così è successo che siamo andati ad affrontare l’alleanza di destra come se si trattasse di un pranzo di gala, in cui dovevamo sfoggiare la nostra buona educazione, lo stile, l’eleganza, la bella politica, la citazione di Martin Luther King, le parole prese a prestito da Hannah Arendt e da Zygmunt Bauman.

La diagnosi è chiara, la terapia meno. Fortuna che ci sono persone come Berselli, che invece hanno capito com’è fatta davvero la società italiana. E infatti ha pubblicato il suo libro con Mondatori.

Come se ne esce? Per noi l’uscita è in fondo, a sinistra.