domenica 31 maggio 2009

Sorrisi e canzoni, la copertina è corta (Mediaset batte Rai 13 a 2)

Tv Sorrisi e Canzoni è, da anni, il più venduto settimanale italiano, con 4.832.000 lettori medi nel 2008 (dati Audipress). Nonostante l’aspirazione ad essere il Variety o l’Entertainment Weekly italiano, il periodico teoricamente più importante dello spettacolo italiano è divenuto, di fatto, l’ennesima Gazzetta del Biscione.

Il settimanale, fondato dalla famiglia Campi, è uscito per la prima volta nel 1952 con il nome di Sorrisi e Canzoni d'Italia, prima ancora della nascita della tv in Italia. Nel 1983 la testata viene acquisita da Silvio Berlusconi: la tiratura, spinta dalla tv, passa da 640.000 a 2.200.000 copie, con punte di oltre 3 milioni grazie alla direzione equilibrata di Gigi Vesigna negli anni ‘80: un record ancora imbattuto.

Un periodico apparentemente innocente, che riporta i programmi televisivi della settimana, diviene in realtà un potente ingranaggio, una cinghia di trasmissione del potere culturale, mediatico, economico e politico per la Mediaset delle libertà. Un manifesto programmatico che magicamente contiene, fin dalla testata, gli ingredienti della ricetta berlusconiana: la tv innanzitutto, associata a quel buonumore un po’ così, un ottimismo musicarello e ridens. Più che il nome di un giornale, un manifesto programmatico.

La presunta indipendenza dei giornalisti a libro paga del premier viene, in questo caso, facilmente sbugiardata da un semplice test. Abbiamo esaminato le aperture di Sorrisi nel 2009 da gennaio a maggio, scoprendo che la copertina è davvero corta:

n. 22 – Dr. House (Canale 5)
n. 21 – Eros (musicale)
n. 20 – Piersilvio Berlusconi (Canale 5)
n. 19 – Clerici (Rai)
n. 18 – Marcuzzi - De Filippi (Canale 5)
n. 17 – Pooh (musicale)
n. 16 – Marcuzzi (Canale 5)
n. 15 – Moric, Marini, Prati (Canale 5)
n. 14 – Ficarra e Picone (Canale 5)
n. 13 – De Filippi (Canale 5)
n. 12 – Belen (Canale 5)
n. 11 – Biagio Antonacci (musicale)
n. 10 – Fiorello (Sky)
n. 9 – Bonolis - De Filippi (Rai-Canale 5)
n. 8 – Sanremo (Rai)
n. 7 – Daniela (hostess del GF) + Giletti (Rai – Canale 5)
n. 6 – Tatangelo-Hunziker (Canale 5)
n. 5 – Amendola, Mammuccari, Belen (Canale 5)
n. 4 – Carta, Ferreri, Bongiorno, Greggio, Hunziker e Kaka (Canale 5)
n. 3 – Ragazzi di Amici (Canale 5)
n. 2 – Chiambretti e Carlucci (Rai-Canale 5)
n. 1 – Marcuzzi (Canale 5)

In totale, le copertine dedicate, a vario titolo, a personaggi di Canale 5 sono ben 13, quelle dedicate a Rai + Canale 5 (ovvero all’inciucio RaiSet, figlio del conflitto d’interessi) sono 3, quelle dedicate soltanto alla Rai appena 2, mentre Sky riesce a strappare una sola copertina. Da notare che delle 2 copertine Rai, una è quella legata a Sanremo, in qualche modo istituzionale per il settimanale, che da sempre pubblica in esclusiva i testi delle canzoni; l’altra è dedicata ad Antonella Clerici, che con la Rai è in discussione e sta pensando di passare a Mediaset.

La scelta di temi e personaggi è ancora più di parte e fuorviante analizzando i dati di ascolto: nel periodo 15 aprile-15 maggio 2009, in prima serata (20.30-22.30) Rai ha il 42,4%, Mediaset il 39,2%, La 7 il 2,8%, Sky l’8,7% (elaborazioni Studio Frasi su dati Auditel, Media Consultants).

La promozione delle reti Mediaset è sfacciata. Del resto, il precedente direttore di Sorrisi, Massimo Donelli, è andato direttamente a dirigere Canale 5. L’attuale direttore invece, tra una comparsata a Verissimo (condotto dalla fidanzata di Piersilvio) e un’ospitata al Grande Fratello, trova anche il tempo per dirigere Chi, l’altro settimanale al servizio della Real(ity) Casa.

Loro sorridono, cantano e passano all’incasso. Sorrisi is magic.

giovedì 28 maggio 2009

La testa e la pancia

Da un lato.
Leggere. Informare. Distinguere.Distinguersi.Sforzarsi.Studiare.Approfondire. Impegnarsi. Comprendere. Includere. Sacrificarsi. Unire. Dividersi. Indignarsi. Integrare. Confrontare. Discutere. Sposarsi. Appesantire. Regolare. Interessarsi. Attenersi. Rispettare. Complicare. Distribuire. Rinunciare. Difendere. Ragionare. Rassegnarsi. Dimettersi.

Dall’altro.
Guardare. Intrattenere. Emozionare. Gridare. Respingere. Unirsi. Dividere. Disintegrare. Vendere. Godere. Obbedire. Confondere. Alleggerire. Semplificare. Affermare. Compiacere. Uniformarsi. Restare. Interrompere. Ricusare. Condonare. Stupire. Illudere. Accentrare. Manipolare. Attaccare. Possedere. Divorziare. Promettere. Trasgredire. Comandare. Fottere.

lunedì 25 maggio 2009

Neri per caso

http://www.youtube.com/watch?v=Xt2nSsyV-70

In questo video surreale, Gasparri confessa candidamente di non capire le leggi che vota. Neri Marcorè dovrà perfezionare la sua imitazione: la realtà supera la fantasia.

Capaci di tutto

Il 23 maggio di 17 anni fa veniva ucciso Giovanni Falcone.

Nel 1998 scrivevo nella mia tesi Comunicazione pubblica e senso civico:

"Il doppio binario della cittadinanza trova la sua giustificazione storica nel fatto che la Sicilia ha sempre vissuto sotto tutela, senza riuscire ad affermare autonomamente la propria vocazione; nei secoli, il continuo avvicendarsi dei domini più diversi non ha consentito un’identificazione con i vertici delle istituzioni di governo, a partire dall’antica Roma, quando l’isola veniva considerata semplicemente il granaio dell’Impero. Il regime feudale viene abolito in Sicilia solo nel 1812 : la dissoluzione del feudalesimo produce, com’è naturale, una certa insicurezza in merito ai nuovi diritti di proprietà.

L’interessante tesi di Diego Gambetta al riguardo delinea una modernizzazione che si realizza senza alcuna struttura statale socialmente legittimata: la domanda di protezione, derivante dall’insicurezza della nuova organizzazione fondiaria, viene allora soddisfatta dai “fornitori di protezione emersi dallo scioglimento dei legami feudali e dalla fine del controllo baronale” (Gambetta, Diego 1992 La mafia siciliana, industria della protezione privata. Torino: Einaudi), che sarebbero poi i mafiosi.

La giurisdizione viene di fatto esercitata in modo arbitrario, originando la diffidenza della popolazione per le organizzazioni formali. Fiducia viene riposta esclusivamente nelle clientele oltre che, naturalmente, nella famiglia di appartenenza. Sia gli eredi delle posizioni privilegiate, che i vassalli e i contadini, non hanno mai maturato la consapevolezza del diritto di uguaglianza davanti alla legge, approfittando gli uni e rassegnandosi gli altri alle “sanzioni di un sistema normativo subculturale” (Hess, Henner 1970 Mafia. Zentrale Herrschaft und lokale Gegenmacht. Tubingen : J.C.B. Mohr - tr. it. Mafia. Roma-Bari: Laterza 1973).

Nel corso dei secoli, l’organizzazione mafiosa ha ipostatizzato la propria infrastruttura entrando in simbiosi con le esigenze elettorali dei rappresentanti della nascente democrazia. Ancora oggi le contiguità del mondo politico con quello mafioso, nonostante le gravissime deviazioni sociali che comportano, non sono facilmente dimostrabili. La stessa figura del concorso in associazione criminosa come reato penalmente rilevante e perseguibile, categoria necessariamente elastica ed imprecisa, viene frequentemente messa in discussione da una parte della giurisprudenza e della dottrina."

La situazione, purtroppo, mi sembra immutata.

sabato 23 maggio 2009

Stato e mercato

Negli USA una delle più seguite trasmissioni di approfondimento giornalistico si chiama 60 Minutes: promette così un’esposizione dei fatti della settimana asciutta e veloce. In Francia, una popolare rubrica di informazione in prima serata si chiama Envoyé spécial e prevede una scaletta di reportage sul campo. In Italia abbiamo Porta a Porta e Ballarò. Nomina sunt consequentia rerum.

Le parole sono importanti, diceva Nanni. Anche i nomi. Già dal titolo, due dei più importanti programmi di attualità ci lanciano un messaggio. Il primo rievoca implicitamente i noiosi tentativi di vendita a domicilio che, al citofono o sull’uscio di casa, ci fanno perdere tempo e pazienza. Bruno Vespa diventa un testimone di Geova catodico, un petulante venditore Stanhome, un agente della Folletto che vuole a tutti i costi rifilarci le sue spazzole.

Di Ballarò abbiamo già detto: ricalcando quel che accade nell’omonimo mercato palermitano, si trasforma regolarmente in un suk nel quale i richiami dei venditori di tappeti cercano di convincerci della bontà della loro merce, urlando più forte dei concorrenti. Come nelle fiere di paese, si tratta di piazze virtuali caotiche e barocche; un circo appesantito da elementi extra-informativi (pubblico in studio, starlette ospiti, comici…) che dura due ore e passa a puntata. Altro che 60 minutes.

La Tv di Stato si apre al mercato. In tutti i sensi. Forse un modo subliminale, o anche inconsapevole, per segnalare che si tratta di spazi in vendita al miglior offerente.

giovedì 21 maggio 2009

Giro di valzer per i direttori

In poche settimane, sono cambiati i direttori di Corriere della Sera, Stampa, Sole 24 Ore, Ansa. Adesso Rai Uno e Tg1. Sono quasi sempre gli stessi nomi che passano da una testata all’altra (De Bortoli, Riotta, Anselmi, Mazza). Il solito gioco delle tre carte. “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi!” (Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo)

Era già successo con Riotta: aveva suscitato aspettative palingenetiche e sappiamo come è andata a finire (http://azionecatodica.blogspot.com/2009/04/tg1-in-camicia-informazione-in-mutande.html). Adesso abbiamo Minzolini, che ha l’aggravante di essere un retroscenista. Con questa smania di spiare quel che accade dietro le quinte, non vediamo più cosa succede sul palco: si consumano così sotto i nostri occhi scandali ed episodi di corruzione altrove impensabili.

Noi italiani ci riteniamo troppo intelligenti per giudicare i fatti per quello che sono, nudi e crudi. Vogliamo i retroscena per scoprire il complotto, l’intrigo, il manovratore occulto. Se c’è un’intercettazione, non si parla dei contenuti, si parla della legittimità della cimice. Se c’è un’inchiesta, si accusa l’accusatore, magistrato o giornalista che sia. Il merito si sacrifica sull’altare del metodo, il dito è più importante della luna.

I trombettieri di corte e quelli che guardano dal buco della serratura vengono premiati e coperti di incarichi per compensare il loro compiacente silenzio. I professionisti che conoscono la Rai e lo specifico televisivo, come Freccero e Minoli, vengono fatti invecchiare su piattaforme tecnologiche minori o lasciati nelle catacombe dorate di Rai Educational.

Il neodirettore del Tg1 Minzolini, in un’intervista a Repubblica il 20 ottobre 1994 ebbe a dire: “La distinzione fra pubblico e privato è manichea: ripeto, un politico deve sapere che ogni aspetto della sua vita è pubblico. Se non accetta questa regola rinunci a fare il politico" Chissà se la pensa ancora così.

mercoledì 20 maggio 2009

Ballarò, quinto podere

“Prima Angeletti, poi c’è Tremonti e poi Bersani che aveva chiesto la parola...” Il pizzardone Floris smista gli interventi di ministri, onorevoli, sedicenti autorità, portavoce e portaborse con la stessa consumata scioltezza con cui il vigile di piazza Venezia fluidifica il traffico.

Le voci dei protagonisti si accavallano, si interrompono, si elidono. Argomenti e domande restano appesi a mezz’aria come quarti di bue nel pittoresco mercato palermitano che dà il titolo a Ballarò. E come in quel mercato, ogni martedì sera ci tocca sentire, dai numerosi politici che ci vanno volentieri, le folcloristiche abbanniate, ovvero le chiassosa grida dei venditori che cercano di attirare l'interesse dei passanti.

Floris ha fatto carriera in Rai negli anni in cui Santoro era stato allontanato dal video. Ha cercato di copiarne la formula, mixando studio, servizi e collegamenti, ma è “una copia di mille riassunti”, come direbbe Samuele Bersani. I suoi coraggiosi inviati presentano da anni lo stesso servizio di apertura, sempre un tinello sfigato con la famigliola in crisi, le bollette e le rate da pagare in bella mostra, che ci ricordano quanto è dura tirare avanti.

Rai Tre nacque davvero nel 1987 con Angelo Guglielmi, sperimentando nuovi linguaggi: la tivù verità, Samarcanda, il Tg3 di Curzi. Oggi, sbiadita e isolata, si limita a ripetere stancamente le invenzioni del tempo che fu (con poche eccezioni).

La vera rivoluzione oggi sarebbe la semplicità. Per cominciare, come ospite ci vorrebbe il protagonista del fatto del giorno, e non gli innumerevoli comprimari e sottopanza che ipotizzano, interpretano, elucubrano. Di fronte, ci vorrebbe un giornalista-giornalista che, senza tanti fronzoli, pubblico, comici, sondaggisti e cotillons, facesse le domande che vanno fatte. Punto.

Avremmo bisogno di un giornalismo vigile, invece abbiamo un vigile giornalista: Floris dirige il traffico retorico degli interventi, ma a guidare sono gli altri. Non incalza, non confuta, non smaschera neanche le risposte più evasive o smaccatamente propagandistiche. Tutto finisce regolarmente in una gran caciara paesana e alla fine lo spettatore ne sa quanto prima. Come titolo per il prossimo talk, abbiamo una proposta. Vucciria.

martedì 19 maggio 2009

Cesaroni e cesarismo

Se è vero, come è vero, che la politica si fa con i rotocalchi popolari, qualche ruolo deve averlo anche la fiction. Pensiamo al successo dei Cesaroni, che ha contribuito non poco alla romanizzazione “simpatica” e popolana dell’immagine di Mediaset, quindi del suo fondatore. Il successo del telefilm ambientato alla Garbatella coincide con l’apice del potere berlusconiano e con la conquista di Roma.

Ai suoi esordi, Fininvest era legata a doppio filo al capoluogo lombardo. Il logo di Canale 5, che inizialmente si chiamava Telemilano 58, era il biscione, insegna Viscontea; gli unici studi di produzione erano a Cologno, nell’hinterland meneghino; il patron era anche il costruttore di Milano 2 e Milano 3. Nelle prime immagini del network sembrava quasi di scorgere la nebbia del profondo nord, dovuta al segnale registrato non proprio nitido, ritrasmesso da tv locali.

Era la Milano da bere, del rampantismo di Craxi, i ruggenti anni ’80 dell’edonismo reaganiano, degli yupppies e di via Montenapoleone. Gli anni delle telepromozioni di Mike Bongiorno, simbolo stesso della milanesità catodica. Gradualmente, il Cavaliere capisce che la vera legittimazione nazionale non può fermarsi alla Val Padana. Le prime iniezioni capitoline hanno il volto dell’ironia bonaria di Corrado e la rassegnata arguzia (all’epoca) di Costanzo.

Il progressivo spostamento del baricentro della rete ammiraglia continua con il Tg5, la cui redazione centrale fu da subito Roma, fino ad arrivare alla conquista di Cinecittà con la De Filippi e della Garbatella con Claudio Amendola. Una colonizzazione geografica che diventerà, stagione dopo stagione, colonizzazione dell’immaginario. Potere mediatico che diventa potere politico.

Le tappe successive sono cronaca di questi giorni e indubbiamente frutto, almeno in parte, di un clima culturale: il Berlusca che si impadronisce del potere nazionale, mollemente adagiato nella Capitale; la conquista del Campidoglio di Alemanno; il banchiere romano Geronzi insediato a Mediobanca. Devono essersi accorti che a Milano si beveva, ma a Roma se magnava.

Anche i Cesaroni hanno contribuito, chissà in che misura, all’affermazione di questo regime. Forse persino inconsapevolmente. Che amarezza.

Studio Aperto (alla propaganda): Berlusconi assolto nel processo Mills...

http://www.youtube.com/watch?v=Rdo3s_A8vPI

IL MANUALE DEL PROPAGANDISTA NELLA GIOVANE E "TRASGRESSIVA" ITALIA 1
1. Dare la notizia incidentalmente, mentre si parla d'altro.
2. Dare la notizia falsa, senza pudori e senza dettagli.
3. Evitare accuratamente di citare Al Fano.
4. Servire ben caldo, a ora di pranzo e di cena.

Domandare è lecito, rispondere è cortesia.

Signor Presidente,
sappiamo che la Sua giornata è sempre gravida di impegni.
Ci permettiamo per questo di riproporLe, nel caso Le siano sfuggite, le dieci domande poste da quegli invidiosi di Repubblica.

1- Signor Presidente, come e quando ha conosciuto il padre di Noemi Letizia?
2- Nel corso di questa amicizia, quante volte vi siete incontrati e dove?
3- Come descriverebbe le ragioni della sua amicizia con Benedetto Letizia?
4- Perchè ha discusso delle candidature con Letizia che non è neanche iscritto al Pdl?
5- Quando ha avuto modo di conoscere Noemi Letizia?
6- Quante volte ha avuto modo di incontrare Noemi Letizia e dove?
7- Lei si occupa di Noemi e del suo futuro e sostiene economicamente la sua famiglia?
8- E' vero che lei ha promesso a Noemi di sostenere la sua carriera nello spettacolo e nella politica?
9- Veronica Lario ha detto che lei "frequenta minorenni". Ce ne sono altre che incontra o "alleva"?
10- Sua moglie dice che non sta bene e che andrebbe aiutato. Quali sono le sue condizioni di salute?

Certi di un Suo cortese riscontro, La salutiamo cordialmente.
P.S. Dieci risposte (per me) posson bastare...

Fiorello, dove sei?

Sono abbonato a Sky e mi piace Fiorello ma non guardo il suo show. Sono anche andato a vederlo dal vivo a piazzale Clodio, ma da casa non lo seguo mai. Colpa della tv di Murdoch? Colpa dell’artista catanese? Chi siamo noi per potere giudicare?

Il “Fiorello Show” ha dei limiti tecnici: la scenografia è bruttina e poco originale, non c’è un’orchestra né un balletto, gli ospiti sono rimediati, al massimo un raulbova di passaggio. Di Liza Minnelli e Dustin Hoffman non se ne parla, per intendersi.

La collocazione in palinsesto (giovedì, venerdì e sabato) è difficile da memorizzare: né un appuntamento quotidiano né settimanale. Inoltre, venerdì e sabato capita spesso di uscire, soprattutto al target più giovane ed evoluto che -si presume- abbia un minimo di vita sociale. Il programma poi non è in diretta: viene registrato la sera prima, montato e “asciugato” prima della messa in onda.

Questo toglie molta freschezza alla trasmissione. Sky ci ha abituato a una tv perfetta, senza sbavature ma fredda. Fiorello è il campione di un tv cotta e mangiata, con il gusto dell’improvvisazione (anche se naturalmente questa è una cosa che riesce solo ai grandi del palcoscenico, con forte preparazione).

Capiamo le motivazioni artistiche e la voglia di sperimentare che hanno spinto il mattatore siciliano a tentare la carta del satellite: una volta la prima serata di Rai Uno era la certificazione di un sicuro talento. Oggi non è più così: gli esempi non mancano. Ma se per la tv satellitare 470.000 spettatori sono un successo, l’ultimo varietà fatto sulla Rai, “Viva Radio 2 minuti”, faceva 10 milioni di spettatori a sera.

Calcio in diretta, prime tv, pregiati telefilm statunitensi: Sky ci ha abituato alla tv vissuta come evento, anche per giustificare il prezzo dell’abbonamento. Ma lo show di Fiorello non è un evento, piuttosto un piacere da condividere il giorno dopo con amici e parenti: se loro non hanno Sky, hai meno voglia di vederlo. Se poi c’è qualche sketch ben riuscito, lo si può sempre recuperare su YouTube.

Riclassificata come contenuto “premium”, la simpatia di Fiorello, rigidamente incasellata dalle inflessibili regole del marketing, perde la sua spontaneità un po' anarcoide, diluita nella sterminata offerta digitale e stretta nella lotta tra lo Squalo Murdoch e il Caimano Berlusconi. Senza contare la sgradevole sensazione di dover pagare per una roba che prima avevamo gratis, fatta anche meglio.

Il talento di Fiorello sembra costruito su misura per la tivù generalista: vive della fruizione collettiva, dei personaggi che lancia, dei tormentoni che crea e che rimbalzano, con il passaparola, tra i suoi affezionati telespettatori. Senza questa cassa di risonanza, Fiorello è sempre bravo, sempre impareggiabile, ma più debole. Si può passare dal villaggio vacanze al villaggio globale. Ma il villaggio globale, quando ti ha accettato, non ti fa più tornare indietro.

domenica 17 maggio 2009

La TV che non c'è più

In un mercatino bric-à-brac mi sono imbattuto in alcuni vecchi numeri del Radiocorriere TV della fine degli anni ’70. Facciamo un gioco: prendo un numero a caso e confrontiamo i palinsesti di allora di Rai Uno e Rai Due (che allora si chiamavano Rete Uno e Rete Due e trasmettevano soltanto loro) con quelli attuali.

Confrontiamo la programmazione dal 2 all’8 aprile 1978 (in rosso) e quella dal 10 al 16 maggio 2009 (in blu).

DOMENICA
Rete Uno – (20.40) Le Avventure di Pinocchio. Di Luigi Comencini . Sceneggiatura di Suso Cecchi D’Amico. Con Nino Manfredi, Gina Lollobrigida
Rai Uno – (21.30) L’uomo che cavalcava nel buio. Di Salvatore Basile. Con Terence Hill.
Rete Due – Mai di sabato, signora Lisistrata. Commedia musicale di Garinei e Giovannini. Con Gino Bramieri, Milva, Paolo Panelli, Bice Valori, Aldo Giuffrè.
Rai Due – NCIS Unità anticrimine (telefilm USA) e Numb3rs (telefilm USA).

LUNEDI’
Rete Uno – Gardenia Blu. Film di Fritz Lang. A seguire, alle 22.15, Bontà loro di Maurizio Costanzo.
Rai Uno - L’uomo che cavalcava nel buio. Di Salvatore Basile. Con Terence Hill. Seconda puntata. A seguire, alle 23.20, “Porta a porta” di Bruno Vespa.
Rete Due – La follia di Almayer. Film per la tv. Dal racconto di J. Conrad. Con Giorgio Albertazzi. Coproduzione tra Rai, tv francese e tv tedesca.
Rai Due - Ricominciare. Con Alda D’Eusanio.

MARTEDI’
Rete Uno - Jane Pittman, una storia dal profondo Sud. Film per la tv che ripercorre cento anni di storia americana visti attraverso la vita di Jane Pittman, una donna di colore vissuta nel sud degli Stati Uniti fino a 110 anni.
Rai Uno - I sogni son desideri. Con Caterina Balivo.
Rete Due – Tg2 Odeon. Tutto quanto fa spettacolo. Di Brando Giordani ed Emilio Ravel. Il magazine, alla sua ultima puntata, proponeva servizi firmati da Fellini, Lattuada, Bolognini, Dino Risi, Ugo Gregoretti, Dario Argento. Speciali musicali su Guccini, David Bowie, Santana, Amanda Lear. Approfondimenti sul teatro (“L’arlecchino” di Strehler, il concerto alla Scala di Bernstein), olte a un inedito sul vero Ligabue e un incontro con Mario Soldati. Per inciso, la rubrica "Odeon" aveva un ascolto medio di 16 milioni di telespettatori. A seguire, Fragole e sangue, film di Stuart Hagmann.
Rai Due – Man on Fire. Il fuoco della vendetta. Film con Denzel Washington.

MERCOLEDI’
Rete Uno – Su e giù per le scale. Sceneggiato inglese. A seguire, alle 21.35, Douce France, di Enzo Biagi.
Rai Uno – Lazio Sampdoria. Coppa Italia.
Rete Due – Un amore di Dostoevskij.
Rai Due – Voyager. Con Roberto Giacobbo.

GIOVEDI’
Rete Uno – Scommettiamo? Gioco a premi con Mike Bongiorno.
Rai Uno – Butta la luna 2. Con Fiona May.
Rete Due – Borgatacamion. Film sperimentale su esperienze realmente vissute nella periferia di Roma. A seguire, Tribuna politica, a cura di Jader Jacobelli
Rai Due – Anno Zero. Di Michele Santoro.

VENERDI’
Rete Uno – (20.40) Tam tam. Settimanale di attualità del TG1. A seguire (21,35) Hiroshima mon amour. Film di Alain Resnais.
Rai Uno – Affari Tuoi Speciale per due. Con Max Giusti
Rete Due – Madame Bovary. Dal romanzo di Flaubert. Con Carla Gravina, Ugo Pagliai, Tino Scotti.
Rai Due – Er Medici in prima linea (telefilm USA)

SABATO
Rete Uno – Ma che sera. Spettacolo musicale con Raffaella Carrà. Partecipano Alighiero Noschese, Bice Valori, Paolo Panelli. Regia di Gino Landi.
Rai Uno – Ti lascio una canzone. Con Antonella Clerici.
Rete Due – Riccardo II di William Shakespeare. Regia di Maurizio Scaparro. A seguire (22.25) Renato Zero in Zerofobia.
Rai Due – Cold Case. Delitti Irrisolti (telefilm USA)

Non c’è molto da aggiungere. La tv che impegnava i migliori cervelli e i professionisti più qualificati si rifletteva in una società che aveva voglia di crescere e di imparare, fornendogli sempre nuovi input. Era una televisione attenta alla produzione di un’immaginario condiviso nazionale, non importato da format, che privilegiava la qualità alla quantità dei canali e delle offerte. Un piccolo schermo rispettoso dei suoi telespettatori, per qualità dei contenuti, pulizia delle forme e orari di programmazione.

Dio ci perdoni, abbiamo scambiato Shakespeare con Caterina Balivo.

sabato 16 maggio 2009

Signorini si nasce

Senza ritegno. In edicola scorgo la copertina di Chi: in copertina, un Silvio Berlusconi in bianco e nero, con capelli e foulard, che presenta il suo album di famiglia. Accanto, la foto di Noemi romanticamente abbracciata al suo ritrovato fidanzatino (già tronista di Uomini e donne) e un elegante titolo: “Sono ancora illibata”. All’interno, 16 pagine dedicate al padrone e alla sua vergine amica. Su un’altra copertina, quella di Tv Sorrisi e Canzoni, c’è invece Piersilvio che nel parco di Villa San Martino festeggia i “suoi primi 40 anni”.

I periodici hanno due cose in comune: il tasso di salivazione e il direttore, Alfonso Signorini. Con uno stile che neanche Kim Jong-il in Corea del Nord, i doppi servizi del servizievole direttore questa settimana superano sé stessi nella celebrazione della real casa: Ar-Core non si comanda.

Una volta, questi periodici popolari erano sprezzantemente indicati dalla borghesia benpensante come “giornali delle serve”, riferendosi ai loro lettori. La definizione oggi ben si addice a chi li dirige. Signorini si nasce.

venerdì 15 maggio 2009

Vengo dopo il PD

E’ partito democratico ma non è mai arrivato. Il debutto della principale formazione politica del centrosinistra è stato salutato da un sonoro ceffone elettorale e, soprattutto, in quest’anno di opposizione le fondamenta del Piddì si sono rivelate costruite sulla sabbia.

Le voci di possibili diaspore si moltiplicano: Rutelli e il centro potrebbero trasmigrare verso l’Udc di Casini, la corrente di sinistra potrebbe tornare a raggrumarsi sulle vecchie posizioni. Dal basso, le ansie palingenetiche che aspirano a un credibile ricambio generazionale vengono sistematicamente frustrate: non si vede nessun Obama all’orizzonte, al massimo un Matteo Renzi o una Debora Serracchiani, che si dissolvono in breve come bolle di sapone.

Il PD sembra una di quelle aziende che, a furia di fusioni e acquisizioni, perdono l’identità originaria. Dal 1991 a oggi, abbiamo avuto il piacere di conoscere il Pds, i Ds, partiti popolari, asinelli, ulivi e unioni: una folla di sigle, loghi, slogan e simboli, dietro i quali si nascondono sempre le stesse facce, indipendentemente dalle vittorie e dalle sconfitte. Basti ricordare che lo stesso Veltroni fu già segretario Ds dal 1998 al 2001.

Le responsabilità storiche della classe dirigente di questi anni sono pesantissime. Una su tutte: in sette anni di governo non hanno realizzato nessuna legge antitrust né sul conflitto di interessi, consegnando l’Italia chiavi in mano a Berlusconi. Gli elettori sono disillusi e in molti pensano di astenersi alle prossime europee.

A proposito di europee, dove siederà il PD? Aderirà al Pse, all’Internazionale socialista? Confluirà nel Partito popolare? Nei liberali? O fonderà un gruppo autonomo? Il fatto stesso che ci si possa porre queste domande è sintomatico. Rinunciando fin dalla denominazione a riferirsi alle grandi tradizioni politiche continentali e agganciandosi al pensiero liberal statunitense, estraneo ai più, il PD si colloca con difficoltà: partito senz’anima, troppo a sinistra per i cattolici e troppo cattolico per quelli di sinistra.

I dirigenti democratici sono rimasti vittima del loro stesso Pantheon, del loro eccesso di riferimenti culturali, che li porta ad abbracciare posizioni distanti (la sindrome veltroniana del “ma anche”), con tanti distinguo che ostacolano la comprensibilità dei loro messaggi.

Dovrebbero applicare un po’ di sano marketing: nel “mercato” politico, un corretto posizionamento del “marchio” deve vivere di poche proposizioni, chiare e coerenti, per facilitare gli elettori nella percezione della propria identità. Lo schieramento politico che annovera alcune delle migliori intelligenze e delle creatività più brillanti del Paese deve trovare il suo modo di essere popolare, che non vuol dire populista, cercando di mettere d'accordo Gramsci
e Kotler.

mercoledì 13 maggio 2009

L'insostenibile leggerezza del non essere

Dagospia è il sito della nuova classe dirigente: quelli che ci capiscono, sono up, sono cool, sono smart, key user e opinion leader, fanno parte del jet-set, business-oriented, pulp e cult ma attenti al gossip.

Liberamente ispirato al Drudge Report a stelle e strisce, il sito animato da Roberto D’Agostino è il testimone di questi anni cafonal: imperdibili le foto delle feste del generone romano, grandiosa metafora, il potere che se magna tutte le tartine, tra décolleté vertiginosi, teste ossigenate e labbra botulinate, tacchi 12 e abbronzature fuori stagione.

Possiamo solo immaginare il sonoro di quelle memorabili nottate capitoline, fatto di riservatissime conversazioni su appalti e poltrone, casting ed elezioni, campagne elettorali e pubblicitarie, retroscena e vernissage. Leggiamo avidamente chi c’era all’ultimo cocktail perché sappiamo che il potere nasce lì, tra un’oliva e un Cosmopolitan.

Ripercorriamo col mouse le ultime settimane del Dago: tra pissi pissi e indiscrezioni, contiamo decine di nomi candidati a dirigere il Tg1 o il Corriere o l’Accademia della Crusca. Enumerati papabili rettori, allenatori, conduttori, assessori, professori: sappiamo già che il 95% di quelle previsioni non si avvereranno. Sono depistaggi, fatti per bruciare gli sfigati e avvantaggiare qualche outsider, habitué del salotto più à la page.

Le lunghe liste di candidati trombati ci fanno riflettere su tutto il tempo perso a immaginare scenari di fantapolitica, fantagiornalismo, fantacalcio, fantaqualsiasicosa. Pensandoci bene, anziché leggere Dagospia, noi usciamo a mangiarci un bel gelato. Una volta decisi i nomi, fateceli sapere e non se ne parla più.

martedì 12 maggio 2009

Rome wasn't built in a day

L’Italia non ha conosciuto nessun governo unitario dalla caduta dell’Impero romano alla fine del Risorgimento. Numerose potenze straniere ci hanno lungamente occupato, combattendosi lungo la penisola per affermare il loro dominio.

In secoli di conquiste e invasioni, gli italiani hanno forgiato un eccezionale spirito di adattamento, necessario per sopravvivere in quelle difficili circostanze. La disponibilità a sottomettersi, l’ossequio al nuovo padrone, l’arte del compiacimento erano un compromesso indispensabile per garantirsi un’esistenza dignitosa. A volte anche un’esistenza e basta.

Il passare del tempo sembra tuttavia aver cristallizzato quel necessario trasformismo, facendolo diventare parte di un’indole permanente. Le tracce di quest’eredità culturale sono cronaca quotidiana: nella vita pubblica, nella politica, negli ambienti di lavoro, nel giornalismo. I frutti avvelenati si chiamano conformismo, indifferenza, omologazione. Capita di assistere a imbarazzanti monologhi, che si ostinano a chiamare interviste, nei quali il giornalista si immedesima alla perfezione nel ruolo del fedele maggiordomo e manca poco che offra il caffè al suo ospite.

Naturalmente, il problema non riguarda soltanto l’Italia: nel suo famoso saggio Spagna invertebrata, Ortega y Gasset lamentava l’assenza di una spina dorsale nell’opinione pubblica del suo Paese. Una forma di scoliosi sociale che, come diagnostica Sartori, affligge pesantemente anche il nostro Paese. La gobba di Andreotti, il leader più rappresentativo della cosiddetta Prima Repubblica, vista in quest’ottica assume una valenza quasi cristologica, simbolica incarnazione della politica del “piegarsi” per schivare i colpi e tirare a campare.

Sempre prontissimi a correre in soccorso del vincitore, abbiamo dimostrato straordinaria fantasia istituzionale per assecondare la nostra freudiana volontà di sottomissione, dandogli la forma di regimi o consuetudini più o meno codificati: fascismi, democrazie bloccate e, come osserva ancora Sartori, “sultanati”.

Ci piace intimamente applaudire al marajà, che infatti non si preoccupa neanche più di nascondere il suo harem. Il fenomeno è stato descritto come meglio non si potrebbe dalle parole e dalla musica di Vinicio Capossela:

raglia tutta la marmaglia quando raglia il Marajà
sguaian forte i commensali versan gli otri ed i boccali
il pascialato si stravacca se stramazza il Marajà
ma zittiscono e squittiscono se sternuta il Marajà
si stupiscono e svaniscono se si acciglia il marajà
i giannizzeri ottomani fanno guardia ai suoi divani
col ventaglio e col serraglio danno lustro al Marajà

Viene da pensare che il problema non stia nel sultano ma nei sudditi. Gaber diceva: “Non ho paura di Berlusconi in sé. Ho paura di Berlusconi in me”.

Se dobbiamo immaginare il nostro comune percorso di emancipazione nazionale come graduale raddrizzamento di questa schiena perennemente chinata a 90°, ammettiamo che, negli ultimi 15 anni, abbiamo visto più la punta delle scarpe che la luce del sole: è arrivato il momento di prendere finalmente un po’ di fiato e ritrovare il piacere di guardare verso l'alto.

lunedì 11 maggio 2009

Per aspera ad (opel) astra

Fino a pochi anni fa, la Fiat sembrava destinata alla bancarotta. Oggi sta cercando di diventare uno dei player mondiali del settore auto, durante la peggiore crisi economica di tutti i tempi. Marchionne è un genio o un pazzo?

Le due cose possono coincidere, come ricordava Erasmo da Rotterdam. La sola idea che il Davide di Mirafiori possa avere la meglio non solo sul Golia di Detroit ma anche sulla teutonica Opel ci riempie di sano orgoglio nazionalistico: già immaginiamo schiere di 500 sfrecciare sulle mitiche highway californiane e sulle ovattate Autobahn tedesche.

Se la fusione andasse in porto, Fiat, Chrysler e il ramo europeo di General Motors darebbero vita a un colosso mondiale del motore che, per fatturato e produzione, farebbe concorrenza a Volkswagen e Toyota. I precedenti non sono incoraggianti: il tentativo fatto nel 1998 con DaimlerChrysler fu un clamoroso fallimento.

Gli italiani, si sa, danno il meglio di sé quando il mare è in tempesta. Quando tira vento, alcuni costruiscono muri, altri mulini a vento: la crisi potrebbe essere un’opportunità, avendo ridotto a zero il valore di molti costruttori di automobili.


Sembrano passati anni luce ma era solo il 2002 quando Berlusconi proponeva di eliminare il nome Fiat, apponendo il marchio Ferrari anche sulla Punto e sulla Stilo. Fortunatamente quella strategia non vide mai la luce e oggi Fiat viene elogiata da Obama come una marca virtuosa per le basse emissioni dei modelli prodotti.

La crisi continua a mordere, facendosi sentire pesantemente sulla produzione industriale e sui bilanci delle famiglie. L’unica soluzione è avere le spalle larghe, per godere di economie di scala e dimensioni competitive adeguate. Hanno fatto così persino i partiti, fondendo storie e culture diverse: Ds e Margherita, Forza Italia e An.

Il tentativo di Marchionne è quindi l’unico possibile, per quanto estremamente ambizioso. Si tratta dell’affermazione internazionale di un manager visionario. Inutile cercare all’ultimo momento di salire sul carro (anzi, sull’auto) del vincitore: genio o pazzo, alla guida c’è soltanto lui.

domenica 10 maggio 2009

Berlinguer non ti voglio bene

Nel 1976 il Pci raggiunse il 34% dei voti, suo massimo storico. I voti comunisti di quegli italiani non furono però mai spendibili, né prima né dopo, in una coalizione di governo. Perché?

Le ragioni sono storiche e numerose. Vogliamo qui concentrarci sull’immobilismo culturale del Pci che, con la sua politica dei “piccoli passi”, non seppe rispondere adeguatamente all’evoluzione della società italiana, allontanandosi da Mosca troppo lentamente.

In quegli anni, era ancora la religione ad esercitare un ruolo centrale nell’immaginario e nelle convinzioni degli italiani, frenando le aspirazioni maggioritarie di Botteghe Oscure. L’armamentario ideologico del partito era ingombrante, visto con diffidenza dalla maggioranza cattolica degli italiani.

La successiva secolarizzazione della società italiana ha progressivamente sostituito la religione con una cultura di massa sempre più diffusa, improntata al materialismo edonista: al comunismo, la società italiana preferì il consumismo. L’inadeguatezza del Pci ebbe il volto dell’amatissimo segretario Berlinguer che, attraverso il suo intransigente rifiuto del nuovo mondo dei consumi, di sapore americaneggiante, fece perdere al partito per la seconda (e definitiva) volta l’appuntamento con la storia.

L’austerità e l’idealismo incarnati dal leader sardo, se da un lato confortavano quanti si sentivano parte della community comunista, dall’altro lasciavano ampi strati della popolazione irresponsabilmente esposti al “nemico” e alle sue nocive radiazioni catodiche. Canale 5, nato nel 1980, fu giudicato dalla cultura altra e alta come un veicolo marginale, con snobistico senso di superiorità.

Oggi sappiamo che la tv commerciale ha innegabilmente contribuito a diffondere populismo e volgarità, allargando sempre più il solco tra il cosiddetto
ceto medio riflessivo e i settori più profondi, e affollati, della società. Questa contrapposizione tra élite e “pancia” dell’opinione pubblica ha, negli anni, avuto effetti disastrosi, impedendo la creazione di una cultura di massa autenticamente progressista e riformista.

Il tardivo abbraccio dei valori del libero mercato da parte del centrosinistra è risultato poco credibile: l’attuale Partito Democratico rinuncia addirittura, fin dalla sua denominazione, a qualsiasi ispirazione persino socialista o socialdemocratica. La coalizione di centrosinistra è riuscita ad affermarsi solo se guidata da un democristiano come Prodi. Snaturandosi e in mancanza di un modello culturale credibilmente alternativo, tra l’originale e la fotocopia la gente preferisce l’originale.

E' arrivato il momento, da parte dell’attuale gruppo dirigente del PD, di avviare finalmente un’autocritica seria e documentata delle scelte politiche presenti e, soprattutto, passate. Cercando di analizzare più lucidamente anche la segreteria di Berlinguer, fino ad oggi più osannata che criticata, e il ritardo storico di cui è stata vittima, ma che ha contribuito a prolungare.

venerdì 8 maggio 2009

G8 ½

Quando si parla di immobilismo in Italia, molti pensano che si tratti di un'astrazione. Ecco come si può riassumere rapidamente, in tre istantanee.

  • 1994, G8 di Napoli: c'erano Clinton, Major, Mitterrand, Kohl, Eltsin, il canadese Chrétien, il giapponese Murayama e Berlusconi.

  • 2001, G8 di Genova: c'erano Bush, Blair, Chirac, Schröder, Putin, Chrétien, Koizumi e Berlusconi.

  • 2009, al G8 che si terrà a luglio all'Aquila ci saranno: Obama, Brown, Sarkozy, Merkel, Harper, Aso. E Berlusconi.

Negli altri Paesi c'è un naturale ricambio politico, generazionale, culturale, di genere (la cancelliera donna) e di razza (il presidente afroamericano). In Italia resiste sempre la stessa, eterna maschera: come un pagliaccio che, per restare in scena, ricorre a dosi sempre più massicce di trucco.

Ma nessun cerone, nessun elisir e nessun fotoritocco potranno nascondere la verità: il Paese è governato da un vecchio. I tacchi da Minni che si ostina ad indossare non eleveranno la sua statura. Il suo volersi presentare come "uomo della strada", animale non politico, non ci farà dimenticare che è un miliardario al potere da 15 anni.

Nel nostro Paese il tempo si è fermato. Ci raccontano favole, storie, balle di tutti i tipi. Come ai tempi in cui le reti Fininvest non avevano la diretta: viviamo un eterno presente. Tutto sembra registrato, filtrato, passato al setaccio. I rari momenti di verità che irrompono sulla scena, come è successo per Veronica, vengono prontamente anestetizzati, frullati, neutralizzati per non svegliare le coscienze di nessuno. La mafia non esiste, la corruzione non esiste, la guerra non esiste, gli scandali non esistono: la colpa è dei giudici e dei giornali, ovvero i soli poteri che il Joker della Brianza non è in grado di controllare completamente.

Un eterno presente, senza passato e senza futuro. Come la commedia dell'arte, come il circo, come un numero di magia. Prima o poi l'incantesimo si romperà. Dopo tutti questi anni, potrebbe essere una nuova liberazione. Ma potrebbe essere anche molto, molto doloroso.

mercoledì 6 maggio 2009

Ubi minor maior cessat

Era dai gloriosi tempi della presidenza Clinton che un intero Paese non si appassionava tanto alle tormentate vicende di un pisello presidenziale. La differenza, non da poco, è che Clinton non fece la Lewinsky ministro, tantomeno la inserì nelle liste elettorali. Tocca adesso a quest’Italia da basso impero dare dignità di tema politico al basso ventre.

Secondo un sondaggio di Repubblica, il Cavaliere tiene: il 66% non modifica l'opinione, solo il 20 ha meno fiducia. La mignottocrazia piace agli italiani, che sembrano giudicare il machismo tamarro dell’imprenditore con la stanca benevolenza di chi, nel corso dei secoli, ne ha viste tante.

Il patetico atteggiarsi di Berlusconi a vecchio gagà, a 72 anni suonati, sarebbe già normalmente malinconico per un signore della sua età (e mi auguro di non diventare mai così). Diventa irriguardoso e inappropriato se quel signore è anche Presidente del Consiglio. Diventa ripugnante e inaccettabile se quelle storie pecorecce, da Lando Buzzanca della Brianza, riguardano non solo la sua vita privata ma entrano nella vita istituzionale.

L’opinione pubblica, evocata da Habermas come condizione necessaria per una sfera sociale matura, sembra il fantasma di Canterville. Le associazioni di cittadini non esistono, le poche esistenti non hanno voce e si aggrappano a battaglie di nicchia: ci si scandalizza, si sciopera, si manifesta per una pubblicità ingannevole, una bolletta non chiara o una pala eolica, senza denunciare il clima complessivo schifoso di questi anni.

Il ruolo puramente esornativo della figura femminile nella società, in politica, in tv, il suo avvilente svilimento, sembrano non interessare più nessuno, per prime proprio le donne. Non ho sentito una sola associazione di donne (ne esistono ancora?) alzare seriamente la voce. Al contrario, conosco numerose donne che anziché discutere, leggere, protestare per la propria dignità, come la situazione richiederebbe, continuano a lavorare, andare in palestra o dall’estetista o dal chirurgo plastico, come se nulla fosse.

Va detto che il tragicomico regime del papi, sorretto dal Cialis e dal Viagra, si fonda anche sulle teste vuote e sulle chiappe sode di tante connazionali rassegnate o inconsapevoli. O forse consapevoli, ma in attesa del prossimo
casting.

martedì 5 maggio 2009

Tv Sorrisi e Calzoni

Ore 9.00 – Divorzio all’italiana
Ore 11.00 – Forum
Ore 12.00 – Mezzogiorno in famiglia – in diretta da Casoria
Ore 13.00 – Papi quotidiani
Ore 14.00 – CentoVeline
Ore 14.30 – Uomo e donne
Ore 15.00 – Il gioco delle coppie
Ore 15.30 – Silvio’s Angels
Ore 16.00 – Il commissario Sex
Ore 18.30 – Ulisse: il piacere della scoperta
Ore 19.00 – La Sacra Rota della fortuna
Ore 19.30 – Parlamento in & out
Ore 19.45 – Tra moglie e marito
Ore 20.30 – Striscia la novizia
Ore 20.45 – Affari Suoi - Il gioco dei pacchi
Ore 21.00 – Scene da un patrimonio
Ore 21.30 – Bona la prima
Ore 22.00 – L’infedele
Ore 22.30 – Porca a porca
Ore 23.00 – La notte dei Telegatti (e delle Teletope)
Ore 23.15 – Tv Tette
Ore 23.30 – Colpo Grosso Reloaded
Ore 00.30 – Il merlo maschio – film con Lando Buzzanca

I tg sono stati eliminati. In compenso tutti gli italiani avranno un abbonamento gratuito a “Chi”.