domenica 10 gennaio 2010

Signora badi ben, che sia fatto di Moplen


Nel 1963 un chimico di Imperia, Giulio Natta, vinse il Nobel per la chimica per la scoperta del polipropilene, ottenuto in laboratorio nel 1954, volgarmente detto plastica. La commercializzazione avvenne a cura della Montecatini che, con il nome di Moplen, realizzò con grande successo scolapasta, vasche, secchi, tubi di scarico e sifoni. Questi e altri suppellettili domestici furono prodotti grazie al ritrovato, indeformabile e indistruttibile, capace di assumere qualsiasi colore e che entrava, con i caroselli di Gino Bramieri, nelle case e nelle abitudini degli italiani ("E mò e mò e mò... Moplen!", "Signora badi ben, che sia fatto di Moplen!").

In quegli anni, ancora lontani da consapevolezzze ecologiste e stringenti paradigmi bio, gli oggetti fatti di Moplen erano sinonimo di praticità, progresso, industria. La plastica non era associata, come avviene oggi, a qualcosa di artificioso, finto e antiambientale. Dopo la parentesi degli anni '70, che sostituì la plastica col piombo, il miracoloso polimero si prese la rivincita col riflusso del decennio successivo; ma fu qualcosa di profondamente diverso.

La plastica non era più quella innocua e colorata degli scolapasta: divenne metafora di un'epoca, gli anni '80, che in Italia non è mai finita. Con la chirurgia, la plastica entra nelle facce delle persone; da lì, in qualche modo, trova un varco per entrare nelle teste, come in un film di Cronenberg. Da alfiere del miracolo economico a principio rimodellante di zigomi e pensieri, plasmati e fissati per l'eternità.

Dopo aver ricoperto con onore l'utile ruolo di materiale principe dei tinelli nazionali, la plastica scende finalmente in campo e fa il suo ingresso in politica. I vecchi partiti, che sembravano di ferro, si sciolgono al fuoco di Tangentopoli; i partiti liquidi dopo un po', inevitabilmente, evaporano. La plastica, invece, come sappiamo è indistruttibile e può durare un secolo, assumendo forme sempre diverse, nuove ed attraenti, accompagnata da tormentoni, jingle e caroselli. Il genio italico, dopo aver ideato la plastica, ha plastificato le idee. Non pretendiamo un altro Nobel, ma almeno un Oscar lo meritiamo tutto.

1 commento:

Francesco Zaffuto ha detto...

Sarebbe il caso di non aggiungere nuova plastica e di riutilizzare riciclando quella già prodotta.
C'è anche l'abitudine assurda di fare imballaggi che sono composti di più elementi inseparabili, e il paziente uomo riclatore deve dannarsi per separare un pezzo riciclabile dall'altro.
saluti
francesco zaffuto www.lacrisi2009.com