sabato 23 gennaio 2010

Rubavatar


L’altra sera su Sky, in occasione dell’uscita nella sale di quel capolavoro che è Avatar, hanno trasmesso alcuni vecchi film di James Cameron. Pochi sanno che il geniale regista canadese girò il suo primo lungometraggio proprio a Roma nel 1981. Con il proverbiale fiuto che abbiamo per i nuovi talenti, dopo appena cinque giorni di riprese il produttore decise di girare il resto da solo. Il film, Piraña paura, venne fuori orribile. Ma le analogie tra l’Italia e la successiva produzione artistica di Cameron non finirono lì.

Titanic, in questi giorni di celebrazioni craxiane, concretizza plasticamente i vecchi partiti politici che cozzano contro l’iceberg (poi scioltosi) di Mani pulite, cominciando ad affondare mentre l’orchestrina ancora suona in prima classe. In Terminator, gli eroi della resistenza vengono attaccati da feroci cyborg capaci di ingannevoli metamorfosi: trasformisti e anche un po’ revisionisti. Sempre in Terminator, assistiamo alla mascolinizzazione di figure femminili combattenti (la Bindi? La Bonino?) e viceversa (il caso Marrazzo e, più in generale, la transpolitica).

Infine, in Aliens, scopriremo che i mostri si sono moltiplicati e hanno ucciso tutti. Così, trivellati dalle True Lies, bugie così perfette da sembrare vere, sprofondiamo negli Abyss. Mentre ormai il pianeta Pandora è popolato interamente dagli Avatar dei ladri della Prima Repubblica, molto più alti, forti e duri da eliminare degli originali: i Rubavatar.

Non siamo scienza, siamo fantascienza.

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