sabato 4 settembre 2010

Seven Up


Sette sono i colori dell'arcobaleno, i cieli dell'antichità, i colli di Roma, i continenti, le virtù, i peccati capitali, i bracci del candelabro ebraico, le meraviglie del mondo e i giorni della settimana, le note musicali, le spose (per altrettanti fratelli) e le sorelle (nel senso delle compagnie petrolifere). Per non parlare di nani e samurai, delle vite di un gatto, delle camicie sudate e degli anni di disgrazia quando si rompe uno specchio. Oltre sette sono anche i punti di share che Enrico Mentana ha conquistato su la7, dopo la prima settimana alla guida del rinnovato telegiornale della rete.

Lo studio è piccolo e anonimo, la qualità video dei servizi spesso scadente, i collegamenti in diretta quasi inesistenti, corrispondenti nessuno e inviati col contagocce. Politicamente e mediaticamente, Mentana ha davanti un’autostrada deserta; ma lui la percorre con professionale cautela, anche perché la vettura disponibile è quello che è. I mezzi sono limitati rispetto alle corazzate Rai e Mediaset e il riccioluto direttore, classe 1955, punta tutto sul suo carisma di affabulatore per l’edizione delle 20.

Una scelta proficua per gli ascolti, che hanno ormai superato il milione e mezzo di spettatori (sempre comunque a distanze siderali dal Tg1 e dal “suo” Tg5). Gli evidenti limiti tecnici del telegiornale targato Telecom vengono però compensati dall’esperienza di Mentana: un vero anchorman che si concede il lusso di “raccontare” le notizie del giorno, talvolta chiosandole con un commento, potendo contare su un patrimonio di credibilità sconosciuto ai tanti altri lettori di gobbo elettronico in circolazione.

Un telegiornale “caldo”, paradossalmente simile, solo in questo, al Tg4 di Fede: un direttore carismatico in video, pochi mezzi, ogni tanto qualche esegesi moraleggiante dei fatti. Ovviamente Mentana si differenzia dal suo antico dirimpettaio Mediaset per tutt’altra indipendenza nei giudizi espressi, ma alcune analogie formali restano.

La scaletta è confezionata rispettando l’intelligenza dei telespettatori, mette in ordine le hard news, senza infingimenti e senza “insabbiamenti”, anche se va lamentata una scarsissima presenza degli esteri. La sensazione complessiva che se ne trae è quella di un telegiornale ben fatto, ma quasi d’opinione, che riuscirà appena a scalfire gli ascolti dei due rivali alle 8 di sera; effetti balsamici potrebbero arrivare dalla probabile fine anticipata della legislatura e dalla campagna elettorale di primavera, in grado di “illuminare” il TG la7, come già avvenne a Mentana per il neonato TG5 con le elezioni del 1992.

Sono pienamente d’accordo con quanto ha scritto Curzio Maltese su Repubblica: complessivamente, un telegiornale normale, senza particolari innovazioni editoriali, né guizzi creativi, né coraggio politico. Ma in questi tempi buissimi per il giornalismo televisivo italiano, anche fare una cosa normale può avere il sapore liberatorio e inebriante della rivoluzione.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

ennesimo tg di regime

roberto ha detto...

non sarei così pessimista. I servizi esterni solo in rarissimi casi sono indispensabili, spesso nel TG1 sono triti e ritriti di immagini di repertorio anche di pessima qualità e a questo punto meglio la notizia semplicemente letta.Non vedo, inoltre la necessità di TG di mezz'ora e oltre: avete mai visto i TG esteri come ARD, ZDF, ecc? non durano più di dieci minuti.. e dicono tutto!

Krono65 ha detto...

Si può fare un buon telegiornale anche senza immagini,e Mentana ne è all' altezza a tutti gli effetti!! Grazie di essere tornato in tv, ma ancora di più grazie per essere passato a La7.

Krono65 ha detto...

Mentana, bisogna informare la gente,di tutto quello che accade in Italia e nel mondo, con verità!!
La7 le ha aperto le porte, per ricominciare. Ma faccia ricominciare gli spettatori del tg ad ascoltare la verità sulle notizie..Chi è da incriminare lo si incrimini!! Lei ha voce su questo. Grazie siamo con lei.

Giulio Lo Iacono ha detto...

Mi permetto di non essere d'accordo. Le immagini fanno parte dello specifico televisivo e andare in onda con poche immagini (spesso sciatte) significa rassegnarsi a un linguaggio "monco" e sostanzialmente radiofonico. In questo modo, si può al massimo fidelizzare una nicchia di spettatori fortemente motivati, ma si rinuncia al grande pubblico. Il fatto che in Italia lo stesso TG1 ricorra spesso al repertorio e alle agenzie non è una giustificazione. I tg esteri quasi sempre (negli Usa, ma anche in GB o in Francia...) sono su un altro pianeta, con una ricca rete di corrispondenti, inviati sul posto e collegamenti in diretta. In Italia, l'unico tg all'altezza da questo punto di vista è SKY TG 24, molto tempestivo nell'allestire dirette dai luoghi della politica e, in particolare, della cronaca. A mio modo di vedere, nel 2010 non sono accettabili i tg di propaganda, ma neanche tg che, da un punto di vista editoriale e tecnologico, sembrano fatti 30 anni fa.