domenica 14 giugno 2009

Video (doesn’t) killed the radio (Rai) stars

In via Asiago il tempo si è fermato. Il recinto della radiofonia pubblica sembra miracolosamente immune dall’imbarbarimento, dalla volgarità, in una parola dalla berlusconizzazione, che affliggono altri comparti della comunicazione, inclusa la stessa Rai-tv. In effetti sembrano due aziende diverse.

Ascoltando la radio, ritroviamo ancora oggi la Rai intelligente, creativa, colta e divertente. Il primato dell’immagine qui non attecchisce, per ovvie ragioni tecniche. E quando la parola mantiene la sua centralità, è più facile arginare i ceroni e i soprattacchi. La sfera razionale equilibra ancora quella emotiva, la testa mantiene il suo dominio sulla pancia.

Nella modulazione di frequenza del servizio pubblico non ci sono reality né format né tette siliconate né labbra botulinate. Le trasmissioni, realizzate con grande professionalità, hanno un sapore originale, non omologato, vicino alle radici del Paese. Nel segnale orario o nelle informazioni sul traffico, capita ancora di sentire le “voci” tipiche della Rai: timbro profondo, dizione impeccabile. Un dna che in tv si rintraccia ormai con difficoltà, visto che mandano in video anche i passanti.

Nei talk show politici di Radio 1 (“Radio anch’io”, “Zapping”), anche se di parte, le telefonate in diretta degli ascoltatori sono la regola: un esercizio di democrazia impensabile, ad esempio, in “Porta a porta”. I varietà di Radio 2 (“Il ruggito del coniglio”, “Grazie per averci scelto”, “Fabio e Fiamma”, “610 – Sei Uno Zero”, “Caterpillar”, “Black Out”) sono tutti esempi di divertimento fragrante, programmi di grande lavoro autoriale ma che non perdono la loro spontaneità. Per non parlare di Fiorello: il suo ciclo di sette anni di “Viva Radio 2” è entrato di diritto nella storia della radiofonia italiana. Le trasmissioni culturali di Radio 3 (“Il terzo anello”, “Prima pagina”, “Fahrenheit”, “Radio 3 Suite”), insieme ai concerti di opera e musica classica e alle letture dei romanzi, compongono un palinsesto assolutamente impensabile nella tv di oggi, che sul piccolo schermo finirebbe relegato ad orari impossibili o in qualche nicchia digital-satellitare.

Le trasmissioni della radio sono sparite persino da Tv Sorrisi e Canzoni: evidentemente a Segrate hanno capito che si tratta di un mondo a parte, culturalmente impermeabile alle sirene e ai biscioni, da rendere il più possibile periferico. Un mondo che ripropone ostinatamente un’idea “alta” di servizio pubblico, che giorno per giorno ne rinnova il ruolo centrale, importantissimo in una società ignorante e smarrita. Un mondo nel quale è possibile informare senza troppe piaggerie, divertirsi senza sbracare, imparare cose nuove senza annoiarsi. Sembra poco, ma è tantissimo.

2 commenti:

Danx ha detto...

Si, non penso che i cultori di TV Sor e Can siano interessati a quel tipo di radio :)
Anni fa su Radio Rai..non ricordo il numero, c'era Elio che decantava qualcosa, a seguire un'ora di storia dell'antichità.
Ora non ricordo bene, ma erano cose molto interessanti!

Mario ha detto...

"Il recinto della radiofonia pubblica sembra miracolosamente immune dall’imbarbarimento, dalla volgarità, in una parola dalla berlusconizzazione..."

Tutto vero. Purtroppo in altri casi l'imbarbarimento è evidente. Per esempio nel caso di Radio24, la radio del Sole24ore. L'era Marcegaglia, con la cacciata di un direttore galantuomo come Giancarlo Santalmassi e l'arrivo
dell'ineffabile Giuliano Ferrara, ha segnato la fine di un giornale equilibrato, raffinato e elegante.