Essere iscritti all'Albo dei giornalisti vuol dire essere un giornalista?
Ciambellani, ricattatori, sputaveleni, diffamatori, adulatori, cacasotto, spie, intrallazzatori, servi sciocchi. A parte le solite eccezioni, i pennivendoli italici stanno raggiungendo il livello fognario. Adeguandosi peraltro alla media etica del Paese.
Ballarò spostato, Matrix rinviato, Annozero senza contratti e senza spot, Report senza tutele legali. Il 19 settembre si scende in piazza per la libertà di stampa. E poi? Presumibilmente, tutto come prima. Come quando cacciarono Biagi per sostituirlo con "Max & Tux", la massa dei sedicenti giornalisti non fiata. Nessuno sciopero, nessuna azione clamorosa, nessuna protesta.
Nella surreale conferenza stampa con Zapatero di qualche giorno fa, a proposito della domanda scomoda di un giornalista del Paìs, Berlusconi si è rivolto al premier spagnolo con queste parole: "Ti ho rubato del tempo ma era la domanda di un TUO giornalista". Ha detto proprio così: TUO. Un piccolo aggettivo possessivo che rivela una concezione proprietaria della stampa.
Deve essere così che l'Emilio Fede di Rai Uno saluta Berlusconi nei biglietti d'auguri a Natale: "TUO Bruno Vespa".
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