sabato 6 marzo 2010

Tar condicio


Marzo 2010, elezioni regionali nello sterco italiano: ne abbiamo a sufficienza per invocare gli osservatori dell’OCSE. Regole amputate, informazione oscurata, candidati impresentabili tra massaggi e appalti, trans e coca, camorra e ‘ndrangheta, querele e ricorsi al Tar.

Se c’è una legge che disciplina o prescrive un comportamento, non si adegua il comportamento: si cambia la legge. Stabilito il principio base, come per l’iPhone, le applicazioni sono innumerevoli: condoni, scudi, amnistie, indulti, lodi, leggi ad personam e decreti interpretativi. C’è un clima da Far West: quando non convengono, le regole si calpestano, riscrivendole a piacimento, sbronzandosi al saloon e irridendo lo sceriffo.

La violenza di uomini e gesti è scandalo, non si deve raccontare: i pochi testimoni ancora disposti a parlare vengono ridotti al silenzio, comprati, censurati. I microfoni diventano megafoni, le prescrizioni assoluzioni, i fatti opinioni. I riflettori rimangono accesi solo per servi, buffoni e puttane.


Pistoleri e fuorilegge entrano nel Palazzo e, come nota Travaglio, ci pisciano addosso dicendoci che piove. Le parole si svuotano nei telegiornali che sanno di cipria e paillettes, ridotti a rotocalchi per un popolino ebete; le luci della ribalta proiettano ombre confuse sui muri neri della propaganda. La barbarie comincia così.

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