domenica 30 gennaio 2011

Da A come Arcore a Z come Zoccole - Alfabeto della modernità


A come Arcore - Il luogo del relitto: scenario disgustoso, spregevole, turpe e ripugnante di un postribolo molto televisivo. Una villa settecentesca di 3500 metri quadri, con un parco immenso, pinacoteca con tele del Quattrocento e del Cinquecento, scuderie e una biblioteca con 10mila volumi, di cui molti antichi. La residenza fu acquisita negli anni Settanta dalla marchesina Casati Stampa, con una discussa intermediazione dell’avvocato Previti, per un quarto del suo valore. Del resto, Lui ci aveva avvertito: è la Casa delle Libertà.
(sull’argomento vedi anche il post Dove c'è Berlusconi c'è casa)

B come Bunga Bunga – La banalità del pene.

C come Carofiglio – Nel suo libro “La manomissione delle parole”, Gianrico Carofiglio racconta come, negli anni Cinquanta, l’antropologo Bob Levy, cercando di capire la ragione di un abnorme numero di suicidi avvenuti a Tahiti, scoprì che gli abitanti dell'isola possedevano le parole per esprimere il dolore fisico ma mancavano dei termini per indicare quello psichico. Pertanto quando lo provavano non erano in grado di identificarlo e ciò li portava, nei casi di sofferenze intense ed incomprensibili, al drammatico cortocircuito che li conduceva poi al gesto estremo. E' la prova che quando manca la capacità di dare il giusto nome alle cose e alle emozioni, viene meno un efficace e fondamentale meccanismo di controllo sulla realtà e su se stessi.

D come Decenza – Momentaneamente non disponibile

E come Egitto – I 2/3 della popolazione egiziana ha meno di 30 anni. Secondo numeri non ufficiali del Global Policy Network, e malgrado il 40% della popolazione viva nell'estrema povertà, a fine 2010 circa 23 milioni di persone avevano un accesso a internet, regolare o saltuario. Un quarto della popolazione, cifra in rialzo del 45% in un anno. L'appello per “una giornata di rivoluzione contro la tortura, la povertà, la corruzione e la disoccupazione” era partito da Facebook dove il gruppo “We are all Khaled Said” (dal nome di un ventottenne di Alessandria torturato e ucciso dalla polizia) e il movimento “6 aprile” (dalla data di una rivolta costata la vita a tre persone) sono diventati i punti di riferimento per la diffusione delle informazioni. La mattina del 25 oltre 90 mila persone avevano aderito all'evento sul social network.
Sull'onda delle proteste tunisine, i blogger locali avevano poi rilanciato l'appello. “L'intifada del popolo egiziano comincerà il 25 gennaio”, scriveva Egyptian Wish. Intanto su Twitter si moltiplicavano i messaggini corredati dall'hashtag #25Jan, che indica il riferimento alla mobilitazione. E proprio la pagina del gruppo “We are all Khaled Said” è diventata uno dei luoghi privilegiati dove seguire l'evoluzione delle dimostrazioni. Infatti il governo di zio Mubarak ieri ha spento i router web in tutto il Paese. Vuoi mettere la tv?

F come Figa – I pretoriani del sultano passano con disinvoltura dal Family Day al Figa Day, persino i più bacchettoni fondamentalisti cattolici si scoprono licenziosi malandrini e difendono con faccia di tolla, in diretta tv, le voglie inconfessabili dell’ottuagenario. Comandare è meglio che fottere. Ma tutti e due è ancora meglio.

G come Guzzanti – La sua telefonata alla Dandini imitando Masi è strepitosa e rimette le cose in ordine. http://www.youtube.com/watch?v=3OcCF9BOgKU

H come Harem – Grazie a Berlusconi l’Italia ha finalmente archiviato il ’68. Adesso siamo passati al 69.

I come Intercettazioni – Il re della televisione sconfitto dal telefono, storie di corna e di cornetta. Chi di squillo ferisce, di squillo perisce.

L come Lele – Lele, papi, escort e altre alterazioni linguistiche che, con la scusa del diminutivo o del vezzeggiativo, evitano di chiamare persone e cose col loro nome proprio. Al contrario del francese e dell’inglese, l’italiano è particolarmente ricco di alterazioni linguistiche che riflettono un giudizio affettivo. Molto utile per camuffare la realtà.

M come Minorenni – La “nuova” di Arcore si chiama Iris Berardi, all’epoca dei fatti minorenne maggiorata ballerina brasiliana, nota a Bologna per aver frequentato locali della città come il “Ruvido”. Già Miss My Special Car Show, con queste credenziali di prestigio avrebbe potuto avere un autorevole avvenire politico nel Partito del Fare.

N come No – C’è ancora qualcuno capace di verbalizzare questa utile particella? Spesso, in occidente, viene sostituita con un movimento del capo laterale (da destra a sinistra o viceversa). Non è difficile, possiamo ancora farcela.

O come Onore - I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore (art. 54 della Costituzione).

P come Privacy – Invocata a sproposito. Se commetti un reato, le mura domestiche non possono ripararti dalle conseguenze delle tue sciagurate azioni. Ma anche se non lo commetti, e sei un uomo pubblico, con in più un ruolo di rappresentanza istituzionale, devi assumerti la responsabilità dei tuoi comportamenti, prendendo onori e oneri della situazione. Non puoi essere mediatico solo quando ti conviene.

Q come Questura – La telefonata era nell’esercizio delle funzioni di Presidente del Consiglio in quanto il premier credeva che Ruby fosse la nipote di Mubarak, quindi deve essere giudicato dal Tribunale dei Ministri (con relativa autorizzazione a procedere). Ci prendono per gonzi. Se non fosse disgustoso, sarebbe divertente.

R come Regalino – Dalle intercettazioni emerge un’umanità anaffettiva, dispostissima a svendersi per un Rolex, un pendaglio, un bonifico e oltretutto felice di farlo. La scorciatoia per il benessere, la fica al posto della fatica, con la famiglia che, sullo sfondo, fa il tifo per incoraggiare la giovane congiunta a darla via prima e meglio delle altre, al miglior prezzo.

S come Scorta – Le auto blu che accompagnano le ragazze dopo i festini sono la ciliegina sulla torta. Le e-scorte: da servitori a servi dello Stato, senza passare dal via.

T come Ti brieffo – Esemplificazione paradigmatica di un lessico sciatto e omologato, come quello utilizzato al telefono dalla Minetti per coordinare il giro di ragazze, simulando un aziendalese efficientismo anglo-lombardo per nascondere, anche qui, la nuda verità.

U come Uomini che odiano le donne – Sante o puttane, questa è la concezione delle donne che emerge dal caso Ruby secondo Lorella Zanardo, autrice del documentario “Il corpo delle donne”. Difficile darle torto.

V come Vallanzasca - Non ne posso più di terroristi, brigaterosse, anni70, vallanzaschi, renault4, dolcevita, pantaloniazampadielefante, unobianche, bandedellamagliana e romanzicriminali. Il nostro cinema si rifugia nel comodo racconto estetizzante del passato remoto e non è capace di raccontare il nostro passato prossimo (da mani pulite in poi) e, soprattutto, il nostro faticoso presente. Questo continuo rivolgersi al passato, in modo ossessivo ma tutto sommato sterile, è non tanto un modo per non ripetere gli errori del passato (della serie: la storia maestra di vita) quanto la dissimulazione del fatto che non sappiamo più immaginare il nostro futuro.

Z come Zoccole – Non chiamiamole più escort, per favore.

domenica 23 gennaio 2011

Favole per adulti

C’era una volta un pifferaio magico che riusciva a incantare enormi masse di persone, conducendole nella sua casa di marzapane. I fortunati che varcavano la soglia di quel meraviglioso castello rimanevano prigionieri di un incantesimo: ai loro occhi, il pifferaio diventava per sempre il loro padrone. Le donne più belle gli concedevano le loro grazie, mentre altre donne, meno aggraziate, e tutti gli uomini diventavano suoi cortigiani, rinunciando al ben dell’intelletto pur di compiacerlo e declamando con voce stentorea sol quel che lui desiderava ascoltare.

La magia non si arrestava alla sola magione stregata del pifferaio: presto si estese alle aree immediatamente circostanti, poi ai granducati confinanti, fino a imprigionare l’intero Paese, che divenne così il Paese delle meraviglie. I significati venivano svuotati, i dizionari e i libri bruciati e i nomi non erano più associati alle cose, che venivano ribattezzate solo per assecondare i desideri del pifferaio. Persino i concetti astratti e i nomi collettivi, come libertà, giustizia e popolo slittavano sempre più lontani dal loro significato originario, fino a sganciarsi completamente e vivere di vita propria.

La tesi del Re era che qualunque cosa avesse una testa poteva essere decapitata”; così avvenne per alcuni, che servisse di esempio ai tanti. Tanti, poi, caddero nei tranelli tesi dal pifferaio nel Bosco dei Cento Acri: alcuni addentarono la mela avvelenata, che pure appariva bellissima e lucente; altri si fecero ingannare dai ladroni e dai lupi, travestiti da religiosi, che offrivano la lampada magica; gli onestuomini venivano imbrogliati e corrotti dai gatti e dalle volpi, sguinzagliati ovunque; quasi tutti caddero in un sonno profondo, lungo molti anni, pericolosamente addormentati nel bosco.


Nessuno ascoltava i pochi coraggiosi rimasti svegli: a furia di gridare “Al lupo! Al lupo!” non avevano più fiato in gola per svegliare i dormienti. Né si riusciva a trovare un bambino con la necessaria innocenza per gridare al popolo: “Il re è nudo!”. Nel frattempo, le sembianze del pifferaio si stavano modificando: sempre più vecchio e grasso, si trasformò dapprima in un porcello, che gozzovigliava coi suoi compari, poi in un ringhioso caimano, poi in un enorme biscione, infine in un gigantesco drago che divorava le vergini, come recitava una buona profezia, rimasta inascoltata alcuni anni addietro.


La corruzione morale e materiale dilagava: le donne si vendevano per una scarpina di cristallo, gli uomini per un posto a corte, dove alloggiavano stabilmente putti, puttane e puttanieri. Le notti si organizzavano orge dionisiache a pagamento, i giorni trascorrevano modificando le leggi del principato apposta per rendere sempre più invincibile il drago, mentre lui continuava a fiammeggiare, incenerendo tutto ciò che incontrava.


Le carrozze dorate stavano tornando inerti zucche, il castello di marzapane si era trasformato in un luogo sinistro, un antro infernale, la dimora del mostro, mentre tutto intorno si stava incendiando e il drago si nascondeva nel denso fumo, nero e tossico, da lui stesso creato. Qualcuno nel bosco si svegliò, tanto era forte l’odore di bruciato, ma era troppo tardi: non avevano pensato a seminare le molliche di pane e nessuno sapeva come uscire da quel bosco maledetto.

sabato 22 gennaio 2011

Il glande dittatore


Se fosse Charlie Chaplin, sarebbe Il glande dittatore

Se fosse Orson Welles, sarebbe Quarto sedere


Se fosse Stanley Kubrick, sarebbe 2011 Odissea nell’ospizio


Se fosse Alfred Hitchcock, sarebbe La finestra sul porcile


Se fosse Billy Wilder, sarebbe A qualcuno piace calda


Se fosse Walt Disney, sarebbe Il nano e sette Biancanevi


Se fosse Sam Peckinpah, sarebbe Il mucchio selvaggio (questo rimane uguale)


Se fosse Ermanno Olmi, sarebbe L’albero delle zoccole


Se fosse Ingmar Bergman, sarebbe Il posto delle fregole


Se fosse Elia Kazan, sarebbe Fronte del porco


Se fosse Woody Allen sarebbe Io e Annie e Nicole e Ruby e Patrizia e Nadia e Noemi Letizia…


Se fosse Francis Ford Coppola, sarebbe Il Papino


Se fosse Blake Edwards, sarebbe La pancera rosa


Se fosse Roberto Rossellini, sarebbe Arcore città aperta


Se fosse Dario Argento, sarebbe Profondo zozzo

Se fosse Clint Eastwood, sarebbe Million dollar Ruby

Se fosse Gianni Amelio, sarebbe Il ladro di bambine

Se fosse James Ivory, sarebbe Quel che resta del porno

Se fosse François Truffaut, sarebbe Effetto mignotte

domenica 16 gennaio 2011

Basta sparare su Scienze della Comunicazione


Confronto acceso tra Rodotà e Gelmini a Ballarò. La spigolosa hostess del PdL, mentre cerca di camuffare il divario            incolmabile (culturale e neuronale) che la separa dal giurista, apostrofa Scienze della Comunicazione come “amenità”.

Rimaniamo il Paese nel quale il rapporto incestuoso tra
attività politica e comunicazione è stato più gravido di terribili conseguenze, tutte effetto di un Parlamento insipiente, di partiti e opinione pubblica anestetizzati, per non aprir bocca sulle cosiddette Authority. La laurea, derisa dal Ministro, nasce proprio come percorso multidisciplinare organico, a seguito delle idee e del lavoro prezioso di molti, tra cui Umberto Eco, per studiare, comprendere e gestire i fenomeni comunicativi.


Evidentemente dalle parti di Arcore vogliono l’esclusiva e dà fastidio che possano esserci in giro persone in grado di decodificare, interpretare e denunciare le paurose distorsioni informative e comunicative messe in atto negli ultimi vent’anni contribuendo, almeno in parte, a spalare le tonnellate di letame depositate dagli sgherri del partito-azienda negli appositi ventilatori.

L’abolizione del numero chiuso, inizialmente previsto, non ha giovato a Scienze della Comunicazione, divenuta in passato fenomeno di iscrizione di massa potendo offrire sbocchi professionali ridotti, anche se qualificati. Pensiamo al giornalismo, alla televisione, alla radio, al cinema, ai nuovi media, per non parlare di istituti di ricerca, agenzie di pubbliche relazioni e soprattutto, delle direzioni relazioni esterne ormai presenti e radicate dentro aziende, organismi pubblici, ong.

Molti miei colleghi, e io stesso, iscritti della prima ora, lavoriamo con soddisfazione da molti anni per il settore nel quale ci siamo specializzati. Nel corso del tempo, la Facoltà ha conosciuto un progressivo degrado dell’immagine – certo paradossale per chi si dovrebbe occupare professionalmente di comunicazione - ed è divenuta, nella percezione di molti, un parcheggio per aspiranti veline. Questo non può bastare a dimenticarne il ruolo e la funzione originari, oggi ancora più importanti, visto il peso determinante della comunicazione nella vita pubblica. Sarebbe come se noi chiedessimo l’abolizione del Ministero dell’Istruzione solo a causa della titolare, fortunatamente pro tempore, del dicastero e delle sue uscite improvvide.

Dovrebbe ricordarselo il cosiddetto Ministro Gelmini, prima di canzonare in diretta un intero corso di laurea, offendendo e mettendo in imbarazzo docenti, studenti ed ex studenti. Oggi la pupilla del premier stigmatizza la “cronica mancanza di formazione scientifica” ma ieri, prima di essere folgorata dalla politica sulla via di Arcore, è umanisticamente andata a ingrossare l’esercito di avvocati che esercitano nel Paese riottoso e leguleio dell’ipertrofia normativa e dei tribunali congestionati. Tra l’altro, per sostenere l’esame di abilitazione, nel 2001 la Mariastella nascente, oggi nume tutelare della meritocrazia accademica contro le baronie, andò di corsa nell’esamificio di Catanzaro che, a proposito di formazione scientifica, poteva contare sul fascino di una rassicurante statistica: il 93% di ammessi agli orali, il triplo rispetto alla natia Brescia (31,7%) del futuro Ministro. La legge non ammette ignoranza, la Gelmini sì.


domenica 9 gennaio 2011

Dì qualcosa di sinistro


Il palinsesto di Canale 5, tra una bestemmia e l’altra, ha nuovamente trovato il tempo di mettere alla berlina il guardaroba di avversari politici, o presunti tali. A Mediaset, quando fanno giornalismo di costume, si prendono alla lettera: dopo i calzini turchesi del giudice Mesiano, finisce sotto esame la sciarpa di cashmere di D’Alema, immortalato con il sospetto indumento nientemeno che sulle nevi di Sankt Moritz.

La scelta di trascorrere il Capodanno in una delle località più chic dell’alta Engadina può anche essere considerata inopportuna per un politico, soprattutto in un periodo di crisi economica. Non fa che rimarcare la distanza siderale che separa la cosiddetta “casta”, nessuno escluso, da consuetudini e stili di vita propri della maggioranza degli italiani. Per lo stesso motivo, non capita mai di incontrare un onorevole, di qualsiasi colore, girare in autobus o fare la spesa al supermercato.

Ciò detto, i metodi del ciambellano di corte Alfonso Signorini, giustamente soprannominato il pink-tank del PdL, e del suo plurimiliardario datore di lavoro, sono mefitici: il dileggio dell’avversario si fa magazine patinato, con il commento in diretta telefonica del Presidente del Consiglio, la platea che rumoreggia e Alfonso Signorsì che smorfieggia in primo piano. L’idea di fondo di questi liberali a corrente alternata è che le località più attraenti, le bellezze, i lussi, gli agi e le comodità debbano essere riservati in via esclusiva al Padrone, ai suoi piccoli Goebbels e alle ragazze che entrano nel giro. Tutti gli altri devono soffrire in penombra, arrivare al massimo a Ovindoli, girare con i vestiti della Upim e, possibilmente, avere la forfora.

Il filoellenico Signorini, che con il suo Kalispera vuol forse riportarci a un’atmosfera da Grecia dei colonnelli, dimentica che, qualche anno fa, Veltroni a Sabaudia fu ritratto impietosamente, con pancetta sporgente e pappagorgia, mentre trasportava sottobraccio il proprio ombrellone: fu prontamente apostrofato come sfigato e pauperista. Impostori o traditori del popolo, il registro non cambia: la canzonatura e la derisione si sedimentano nell’opinione pubblica, tra una Barbara D’Urso e un Gigi D’Alessio, che rendono il contesto narrativo solo apparentemente innocuo. Oggi la politica si fa anche così, su Chi e su Verissimo, alla faccia di chi ancora sostiene che il conflitto d’interessi è un falso problema.

Io non sono comunista, né lo sono mai stato, se non altro per ragioni anagrafiche. Mi ritengo tendenzialmente di sinistra, progressista, democratico, come preferite; questo non mi impedisce di apprezzare un albergo di charme, un buon ristorante o una macchina sportiva. Al di là delle ipocrisie pettegole, e della demagogia mascherata da gossip, è il momento di affermare che un privato cittadino ha il diritto di spendere il denaro come crede (purché sia frutto del proprio lavoro, non di traffici illeciti o di evasione fiscale, ma di questo i media del Biscione ovviamente non si occupano). D’Alema, che privato cittadino non è, anche stavolta non ha detto, né fatto, qualcosa di sinistra. In compenso, l’altra sera su Canale 5, abbiamo sentito qualcosa di veramente sinistro.

Leggi anche:
Signorini si nasce
http://azionecatodica.blogspot.com/2009/05/signorini-si-nasce.html

martedì 4 gennaio 2011

Il diavolo veste Zara

Eraclito sosteneva che “gli uomini che desiderano conoscere il mondo devono imparare a conoscerlo nei particolari”. Ed è nei particolari che si annida il diavolo. Passeggiando per via del Corso a Roma, ho notato che la sede storica della Rinascente è stata smantellata per fare posto a Zara.

Cinque piani e cinquemila metri quadri di maglieria spagnola a basso prezzo, ma con pretese modaiole, per apparire fighetti anche senza avere il becco di un quattrino. Per il marchio iberico, vero McDonald’s dell’abbigliamento, è il più grande flagship store (sigh!) al mondo, piazzato proprio nel cuore della Capitale. Ovviamente il negozio è caratterizzato da avanzati criteri di eco-efficienza e sostenibilità ambientale, senza i quali ormai non si pubblicizza nemmeno una drogheria.

Il riguardo che abbiamo verso i livelli di ossigeno e di azoto sta ampiamente superando quello che dovremmo avere nei confronti della nostra identità, storia, cultura. La Rinascente, così battezzata da Gabriele D’Annunzio dopo un incendio nel 1917, nasce in realtà nel 1865 a Milano, quando i fratelli Luigi e Ferdinando Bocconi aprono in via Santa Radegonda il primo negozio italiano, i magazzini “Aux villes d’ltalie”, in cui erano venduti abiti pre-confezionati. Viene seguito l'esempio di Le Bon Marché, il grande magazzino aperto a Parigi nel 1838, che aveva spopolato oltralpe. L'iniziativa riscuote un enorme successo anche in Italia, tanto che un grande magazzino viene aperto nella vicina Piazza Duomo (1877), seguito da altri negozi in tutta la nazione agli inizi del XX secolo.

L'azienda diviene un luogo di ritrovo di molti artisti: la pubblicità è realizzata da Marcello Dudovich, mentre una linea di mobili viene firmata da Gio Ponti. Nel 1954 viene fondato il premio Compasso d'Oro, per premiare il design italiano, donato nel 1964 all'Associazione per il Disegno Industriale.

Lo stesso palazzo Bocconi, che ospitava la Rinascente di via del Corso, ha un’importanza storica. Viene costruito tra il 1886 e l’89 a lato di piazza Colonna da Giulio De Angelis, uno dei più coraggiosi architetti romani del periodo umbertino: attento al rapporto tra arte e industria, si pone controcorrente rispetto al gusto dominante alla fine dell’Ottocento, differenziandosi dal neocinquecentismo ufficiale, guidato da Koch. Il magazzino, ispirandosi a coeve esperienze parigine, rappresenta una novità nel panorama architettonico romano: l’integrazione di ferro, vetro e muratura ne fanno un ambiente a diretto contatto con lo spazio esterno, proiettato verso la strada con intenti pubblicitari e urbanistici, adeguandosi ai nuovi modelli di vita della borghesia urbana.

Si dice che la nuova Rinascente dovrà sorgere nella galleria all’incrocio tra via del Tritone e via Due Macelli, ma i lavori devono ancora partire. Nel frattempo, gli altri due Zara, a largo Goldoni e nella galleria Alberto Sordi, restano in attività. Quella di palazzo Bocconi, per il quale “è stata appositamente creata una speciale edizione di scarpe da bambina maculate” (di nuovo sigh!!) sarà così la terza boutique su via del Corso, più gli altri negozi aperti nei grandi centri commerciali capitolini: una colonizzazione strisciante anche in uno dei pochi settori, quello della moda, nel quale dovremmo essere leader internazionali.

Se avessimo avuto una classe politica degna di questo nome, avrebbe dovuto difendere con le unghia e con i denti un importante patrimonio identitario che, considerazioni culturali a parte, potrebbe fare da volano distributivo per il made in Italy, asset strategico da tutelare, almeno nelle chiacchiere di convegni, interviste e talk show. Basti citare l’esempio di Eataly, grande centro enogastronomico di promozione della cultura del cibo italiana, basato su prodotti tipici e di qualità, che sta spopolando a New York, accanto al Flatiron, nel cuore di Manhattan. A Roma, anziché piazzarlo in analoga posizione strategica, per esempio proprio in via del Corso, lo sbatteranno nell’area dell’ex Air Terminal sulla via Ostiense, già inutile spreco ai tempi di Italia ’90, sommando inettitudine a ruberia d’annata (e dannata).

Quando va male, a gestire la cosa pubblica abbiamo dei ladri; quando va bene, dei semplici contabili, privi di una visione culturale generale, incapaci di partorire un accenno di progetto strategico, pronti solo ad incassare le royalties del primo straccivendolo, calandosi le mutande, anche se le loro non sono firmate Zara. Abbiamo sempre avuto il sospetto di avere un ceto politico composto da magliari. Da oggi ne abbiamo la certezza.

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Sitografia
- "Palazzo della Rinascente. Paradiso per signore" di Antonio Venditti, http://www.specchioromano.it/

- http://it.wikipedia.org/

sabato 1 gennaio 2011

Buon anno

Ultime sconvolgenti rivelazioni da Wikileaks sulla storia italiana.


C’è un unico filo rosso che unisce il delitto Matteotti, la strage di Portella della Ginestra, l’uccisione del segretario della Camera del lavoro di Corleone Placido Rizzotto, l’attentato a Togliatti, la morte del bandito Salvatore Giuliano, il caso Wilma Montesi, l’avvelenamento del criminale Gaspare Pisciotta, l’assassinio del segretario della Camera del lavoro di Sciarra Salvatore Cardinale, la polizia che spara sui manifestanti a Reggio Emilia provocando 5 morti (gli scontri erano determinati dalla decisione di svolgere il congresso Msi a Genova, medaglia d’oro della Resistenza), l’ “incidente” aereo in cui morì il fondatore dell’Eni Enrico Mattei, la strage di Ciaculli in cui morirono 7 carabinieri, la tragedia del Vajont (1917 morti), i preparativi per il golpe De Lorenzo, la strategia della tensione, la P2, la battaglia di Valle Giulia, la strage di piazza Fontana, il “suicidio” dell’anarchico Pinelli, la rivolta di Reggio Calabria capeggiata da Ciccio Franco, la strage ferroviaria di Gioia Tauro, la scomparsa del giornalista Mauro De Mauro, il tentato golpe Borghese, l’uccisione del Procuratore di Palermo Pietro Scaglione, la morte mentre piazzava una bomba dell’editore Giangiacomo Feltrinelli, l’uccisione del commissario Luigi Calabresi, il rogo di Primavalle, la strage alla questura di Milano, la strage di piazza della Loggia, la strage dell’Italicus, le Brigate Rosse e Ordine Nuovo, Potere Operaio e Avanguardia Nazionale, il massacro del Circeo, l’omicidio di Pier Paolo Pasolini, l’assassinio del giudice Francesco Coco opera dei terroristi di sinistra, l’assassinio del sostituto procuratore Vittorio Occorsio opera dei terroristi di destra, la morte della studentessa Giorgiana Masi, la gambizzazione di Indro Montanelli, l’uccisione del giornalista Carlo Casalegno, la strage di via Fani (5 morti) e il rapimento di Aldo Moro, l’omicidio dell’attivista e conduttore radiofonico Peppino Impastato, l’omicidio di Aldo Moro, l’assassinio dell’operaio Guido Rossa, l’uccisione del giornalista Mario Francese, l’uccisione del giudice Emilio Alessandrini, l’uccisione del segretario provinciale Dc Michele Reina, l’uccisione del giornalista Mino Pecorelli, dell’avvocato Giorgio Ambrosoli, del vice questore Boris Giuliano e del giudice Cesare Terranova, del presidente della Regione Sicilia Piersanti Mattarella e del vicepresidente CSM Vittorio Bachelet, del capitano dei carabinieri Emanuele Basile e del giornalista Walter Tobagi, la strage di Ustica (81 morti), la strage alla stazione di Bologna (85 morti), l’omicidio del giudice Gaetano Costa, la banda della Magliana, il sequestro di Ciro Cirillo e le trattative Br-camorra-Dc per liberarlo, la guerra di mafia e l’uccisione dei boss Bontate e Inzerillo, l’uccisione del dirigente Pci Pio La Torre, l’uccisione del direttore del Banco Ambrosiano Roberto Calvi, l’omicidio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, della moglie Emanuela Setti Carraro e dell’agente di scorta, l’uccisione del magistrato Giangiacomo Ciaccio Montalto, l’arresto e l’ingiusta condanna del presentatore tv Enzo Tortora, la scomparsa di Emanuela Orlandi, l’autobomba che uccide il consigliere istruttore Rocco Chinnici, due agenti e il portiere, l’uccisione del giornalista Pippo Fava, la strage del rapido 904 (15 morti), l’uccisione dell’economista Cisl Ezio Tarantelli, l’uccisione del capo della Squadra Mobile di Palermo Peppe Montana, l’uccisione del vicequestore Ninni Cassarà e di un agente, l’uccisione del giornalista napoletano Giancarlo Siani, l’avvelenamento del banchiere piduista e criminale Michele Sindona, la banda della Uno Bianca (uccise 24 persone a scopo di rapina, era composta da poliziotti), l’omicidio dell’ex sindaco di Palermo Giuseppe Insalaco, l’uccisione del senatore Dc Roberto Ruffilli, l’uccisione del Presidente della Corte d’Assise di Palermo Antonino Saetta e del figlio, l’uccisione del giornalista Mauro Rostagno, il fallito attentato all’Addaura a casa di Giovanni Falcone, l’uccisione del funzionario della Regione Sicilia Giovanni Bonsignore, Gladio, l’uccisione del giudice Rosario Livatino, l’omicidio del magistrato Antonino Scopelliti, l’uccisione dell’imprenditore siciliano Libero Grassi, l’omicidio del braccio destro di Andreotti in Sicilia Salvo Lima, la strage di Capaci che uccide il magistrato Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e 3 agenti della scorta, la strage di via D’Amelio che uccide il magistrato Paolo Borsellino e 5 agenti della scorta, Tangentopoli, l’uccisione dell’imprenditore legato a Cosa Nostra Ignazio Salvo, l’uccisione del giornalista siciliano Beppe Alfano, il “suicidio” dell’ex direttore delle partecipazioni statali Sergio Castellari, l’attentato mafioso al presentatore tv Maurizio Costanzo, la bomba mafiosa di via dei Georgofili a Firenze (5 morti), il suicidio del presidente Eni Gabriele Cagliari a S. Vittore, il suicidio dell’imprenditore Raul Gardini, la bomba mafiosa in via Palestro a Milano (5 morti), le bombe mafiose a S. Giovanni al Laterano e a S.Giorgio al Velabro a Roma, il “suicidio” in carcere del boss mafioso Antoninio Gioè, l’uccisione del prete antimafia don Pino Puglisi, l’omicidio della giornalista Ilaria Alpi e dell’operatore Miran Hrovatin, la tragedia del Cermis (20 morti), l’uccisione dei giuslavoristi Massimo D’Antona e Marco Biagi.


Il filo rosso è che siamo una banda di coglioni.