domenica 6 dicembre 2009

Il colore viola

“Silvio sei stato nominato”, “Più alto che onesto”, ma anche un liberatorio “Ci hai rotto il cazzo”. Ironia e rabbia sugli striscioni della storica manifestazione di ieri, per la prima volta organizzata dal basso, su Internet, senza avere le spalle coperte da un partito o da un sindacato. E’ la prima volta in Italia che un corteo così affollato si organizza autonomamente sulla rete. Nel mondo, l’unico precedente significativo è il MoveOn.org, che ha portato all’elezione di Obama. Loro dovevano uscire dall’era Bush, noi proviamo ad uscire dal berlusconismo.

I cittadini per bene sono tanti, esasperati dallo stupro quotidiano della legalità e della democrazia, consumato nell’apparente indifferenza generale. Era ed è un diritto-dovere far sentire la nostra voce, non trovando alcun conforto nelle esangui prese di posizione del Partito Democratico, che ieri si notava per la sua inspiegabile assenza. Viene in mente la famosa vignetta di Forattini del ’77, quando ancora sapeva disegnare, che mostrava un borghesissimo Berlinguer in vestaglia intento a sorseggiare un tè sotto un ritratto di Marx, mentre dalla finestra aperta del suo salotto penetravano gli echi fastidiosi della manifestazione dei metalmeccanici.

Il tè di ieri pomeriggio potrebbe costare caro a Pierluigi Bersani, il neoeletto segretario che ha perso un’occasione clamorosa per “riagganciare” una base di elettori potenziali o di ex votanti delusi dall’apatia del Piddì. Le seghe mentali che si fanno in via Sant'Andrea delle Fratte (ma è qui che stanno? Sono talmente anonimi che non si conosce nemmeno l’indirizzo. Altri tempi quelli di Botteghe Oscure…) si riassumono mirabilmente nelle parole dello stratega Franco Marini: “Così non si manda a casa Berlusconi. Anzi.”

Infatti con le loro scelte brillanti ce lo teniamo da 15 anni.

Presenti al No B. Day c’erano, tra gli altri, Bindi, Franceschini, Melandri e Serracchiani, non si capisce se a titolo personale o in rappresentanza di un partito in evidente stato confusionale. La grande onda viola di ieri, civile e dignitosamente “contro”, deve trovare un approdo politico, la concretezza di una proposta alternativa forte, che all’orizzonte neppure si scorge. E che non potrà certo essere elaborata da un’oligarchia democratica, sempre la stessa da troppi anni, pericolosamente autoreferenziale.

I cani da guardia della maggioranza ringhiavano ieri contro la piazza “giustizialista”. La guerriglia semantica del PdL è ormai nota, l’aggettivo degenerato viene usato per svilire il sostantivo nobile: il giustizialismo neutralizza la giustizia, il moralismo deligittima la morale. Il merito delle accuse viene assorbito dal giochino e per loro non conta nulla: dalle recenti accuse dei pentiti di mafia alle patetiche trovate per sottrarsi ai processi, dal conflitto di interessi all’elogio dei dittatori.

Le fondamentali dichiarazioni degli zelanti impiegati Cicchitto e Capezzone in versione weekend sono state puntualmente raccolte dalle stesse tv generaliste (Rai, Mediaset, la7) che ieri non hanno dato la diretta: un privilegio concesso solo a segretari di partito e di sindacati. Per i cittadini, evidentemente, non ne vale la pena. I giornalisti che dirigono i tg e i politici che ce li hanno piazzati fanno parte di un’unica casta, incartapecorita e allarmata, che reagisce spalleggiandosi di fronte a una realtà che avevano sottovalutato e che li sorprende, sottraendogli parte del loro enorme potere: la forza crescente della rete.

La comunicazione orizzontale contro quella verticale, cittadini attivi contro spettatori passivi, informazione diffusa contro propaganda unidirezionale. Sono due modelli culturali, sociali e politici contrapposti. Il confronto è appena iniziato: abbiamo finalmente capito che l’avversario non è solo un partito politico, ma è, anche e soprattutto, un impero mediatico. Per affrontare il quale serve un altro media, altrettanto potente e pervasivo.

In mancanza della tv, quel mezzo è Internet, che il PD lo voglia o no.

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