sabato 11 aprile 2009

Musica in folle


Guardati intorno e guardati da chi si professa libero
Il sapore della libertà è la paura
Solo chi ha paura della libertà ha il coraggio di inseguirla.

Saggezza antica, quindi modernissima, in questi tempi bui, nei quali la parola “libertà” è usata con disinvoltura prêt-à-porter. Il poeta milanese Vincenzo Costantino Chinaski ha aperto così, l’altra sera, il SoloShow di Vinicio Capossela in un gremito Sistina. Spettacolo circense d’antan, meraviglioso concerto freak: le sue geniali invenzioni musicali si incarnano in metafore visive trabordanti di contrasti, sfumature, luci.

La sospensione dell’incredulità, così ambiguamente seducente e pericolosa in politica, trova nell’arte la sua valvola naturale, il suo luogo perfetto. Gli strumenti inconsistenti suonano la clandestinità di un artista alcolico: Vinicio deriva dal latino e significa "del vino" (amico del vino).

Sul palco accordi e disaccordi risuonano nuovi e inconsueti: il mitico pianoforte Tallone, costruito dall'accordatore di Arturo Benedetti Michelangeli, il Baldwin Acrosonic 1953, "il piano perfetto da saloon", lo Steinway gran coda D 1958 e una schiera di Theremin, cristallarmonio, mellotron, optigan, armonio indiano, più i giocattoli sonori di Pascal Comelad, l’autoarpa suonata nelle chiese metodiste, la chitarra stella, il baglamas, piccolo bouzuki del “rebetico”, la musica greca, e il colossale organo Mighty Wurlitzer.

Sullo sfondo della scena, i mostri evocati dalle canzoni: la Medusa, il Minotauro. I velluti e le quinte del teatro ci proteggono da queste presenze terrificanti, ma sappiamo che ci aspettano appena usciremo di qui. Intanto godiamoci quest’illusione, i colori del fantastico, prima di combattere con le ombre della realtà.

Capossela dixit: “Mi sento sempre come il benzinaio dal quale si va a fare il pieno. Dopodiché la gente prende la sua strada e io resto là con la pompa in mano”. Grazie Vinicio, ci si vede al prossimo rifornimento.

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