sabato 25 aprile 2009

Vent'anni di Blob: il terrore non ha forma

In cucina ogni tanto capita, non avendo ingredienti freschi, di doversi arrangiare con gli avanzi del giorno prima che, opportunamente riveduti e insaporiti, spesso sono migliori del pasto originale. In tv accade, da vent’anni, tutte le sere in Blob: frammenti di tv insipidi nella loro originaria collocazione, una volta ricontestualizzati, acquistano nuovi sapori e nuovi significati.

Trasgressivo anche nella collocazione in palinsesto, alle 20 su Rai 3, rappresenta la sfida beffarda all’informazione istituzionale, paludata, frullata e omogeneizzata di Tg1 e Tg5. Ai suoi esordi, Blob era utile per recuperare velocemente e senza farsi male gli eccessi trash della tv del giorno prima. Oggi quella funzione è esercitata, in modo più immediato e on demand, da YouTube.

Il valore di Blob rimane tuttavia intatto e risiede negli accostamenti iconoclasti e spesso geniali, controinformazione vera, fa scoprire quelle che Poincaré chiamava “connessioni impreviste”. Un impasto di immagini di origine diversa (show, tg, pubblicità, tv locali e internazionali) che accende luci su nuovi percorsi di senso, interpretazioni possibili (e attendibili) della realtà, altrimenti latenti.

Frutto di un lavoro di squadra e autenticamente democratico anche nei suoi esiti, anche in quanto privo di qualsiasi voce narrante: l’unico intervento autoriale, al di là del montaggio, è una piccola scritta in sovrimpressione in alto a sinistra dello schermo che commenta ironicamente il rullo delle immagini. Agli esordi, l’indigeribilità dei mondi raffigurati era rappresentata da vecchie pubblicità, come quella dell’Alka Seltzer firmata da Gillo Pontecorvo (“Mangiato in fretta? Mangiato troppo?”) o lo spot del digestivo Antonetto di Nicola Arigliano.

Per digerire quello che ci tocca vedere oggi, ci vorrebbe una lavanda gastrica quotidiana. La sostanza gelatinosa del film che dà il nome al programma, ripresa da un film di fantascienza degli anni ’50 di Irvin Yeaworth, è una metafora perfetta dei nostri tempi liquidi e mostruosi, nei quali la politica e lo spettacolo si sono ormai fusi e confusi in modo inestricabile in una marmellata mediatica e paranoica.

Il regista Kulešov, uno dei pionieri della scuola sovietica del montaggio, dimostrò che un piano isolato non ha nessun senso, ma lo prende invece da ciò che lo segue o lo precede. L’effetto Kulešov, che nella tv italiana trova in Blob il suo più nobile rappresentante, ha un effetto
dirompente in un panorama informativo che omette, astrae, confonde. E’ per questo che Blob incarna la vera essenza di un servizio pubblico, rimandandoci indirettamente l’immagine di un Italia, libera e creativa, come avrebbe potuto essere.

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Effetto Kulešov (tratto da Wikipedia)
Nel 1918 Kulešov, con l'intenzione di dimostrare le sue idee riguardo l'importanza del montaggio nel film, effettuò un esperimento: da un vecchio film dell'epoca zarista scelse un grosso piano sul viso abbastanza inespressivo dell'attore principale, che replicò in tre esemplari. Affiancò allora a ciascuno di essi un altro piano.
Nel primo caso, si ha il piano di un tavolo sul quale è posta una scodella di zuppa: gli spettatori, interrogati, affermano che negli occhi del personaggio si evidenzia che ha fame. Nel secondo caso, si affianca al grosso piano del viso il piano di un cadavere disteso: gli spettatori affermano negli occhi dell'attore si scorge una grande tristezza. Nel terzo caso, si affianca al piano del viso quello di una donna nuda: gli spettatori affermano infine che nello sguardo dell'attore si denota una grande eccitazione. Peraltro, tutti gli spettatori sono d'accordo nel riconoscere il talento incontestabile dell'attore.

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