lunedì 13 aprile 2009

Obama, Berlusconi e Cary Grant

“Tutti vogliono essere Cary Grant”, diceva Cary Grant. “Perfino io voglio essere Cary Grant”.

Come osserva Zadie Smith sulla New York Review of Books, gli uomini che si sono fatti da sé (o che così vengono percepiti da ampie fasce della popolazione) hanno una strana capacità riflettente: in loro vediamo quello che vogliamo vedere.

In Italia, tutti vogliono essere Berlusconi; perfino Berlusconi vorrebbe essere Berlusconi. Ognuno vede in Berlusconi qualcosa di sé stesso. Votando per Berlusconi, si vota quindi per sé stessi.

Il solo candidato che può sconfiggere Berlusconi non è un Rutelli, un Veltroni, un Franceschini. Ci vuole un’altra icona pop, una cosa tipo Pippo Baudo quand’era all’apice del successo. Ormai non è più sufficiente un leader, per quanto carismatico: serve un modello nel quale le masse possano empaticamente riconoscersi. Ancora più che in Berlusconi.

Negli Stati Uniti, ci è riuscito Obama. Come sottolinea la Smith, ha riunito in sé molteplici voci: originario contemporaneamente delle Hawaii e del Kenya, del Kansas e dell’Indonesia, può parlare il gergo del ragazzo di strada e pronunciare orazioni da senatore. Durante la campagna elettorale, Obama ha sempre usato “noi” (“Yes we can”), pronome naturalmente inclusivo, diffidando sempre della parola “io”. Ha costruito il proprio “io” partendo dal “noi”.

Berlusconi invece ha costruito il proprio “noi” partendo dall’”io”: un’operazione inversa, che intende plasmare la società a immagine e somiglianza del leader. Berlusconi è un miliardario carismatico e populista che incarna un modello di comunicazione top-down: la veicolazione del messaggio è verticale, tipicamente televisiva e non prevede possibilità di replica. Il modello funziona perché il mezzo è il messaggio.

Anche nel caso di Obama il mezzo è il messaggio, ma il mezzo e il messaggio sono di segno opposto, sono orizzontali. La molteplicità di voci incarnata da Obama, leader che viene dal basso, ben si riflette in una società più incerta, diffusa e plurale. Il web è la modalità di comunicazione più naturale per questi contenuti: comunicazione partecipata e social network vivono al meglio in una società aperta, caratterizzata da mobilità sociale e in cui c’è libertà di informazione.

Per queste ragioni Beppe Grillo ci vede giusto: il solo leader che può spiazzare Berlusconi deve parlare realmente un altro linguaggio, appartenere a un’altra generazione e soprattutto a un’altra mentalità. Finchè il centrosinistra non lo capirà, continuerà a prendere batoste: sconfiggere Berlusconi sul suo stesso campo a questo punto è impossibile. La discontinuità deve essere netta e deve riguardare sia il messaggio sia le modalità di comunicazione con cui quel messaggio viene veicolato.

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