martedì 19 maggio 2009

Cesaroni e cesarismo

Se è vero, come è vero, che la politica si fa con i rotocalchi popolari, qualche ruolo deve averlo anche la fiction. Pensiamo al successo dei Cesaroni, che ha contribuito non poco alla romanizzazione “simpatica” e popolana dell’immagine di Mediaset, quindi del suo fondatore. Il successo del telefilm ambientato alla Garbatella coincide con l’apice del potere berlusconiano e con la conquista di Roma.

Ai suoi esordi, Fininvest era legata a doppio filo al capoluogo lombardo. Il logo di Canale 5, che inizialmente si chiamava Telemilano 58, era il biscione, insegna Viscontea; gli unici studi di produzione erano a Cologno, nell’hinterland meneghino; il patron era anche il costruttore di Milano 2 e Milano 3. Nelle prime immagini del network sembrava quasi di scorgere la nebbia del profondo nord, dovuta al segnale registrato non proprio nitido, ritrasmesso da tv locali.

Era la Milano da bere, del rampantismo di Craxi, i ruggenti anni ’80 dell’edonismo reaganiano, degli yupppies e di via Montenapoleone. Gli anni delle telepromozioni di Mike Bongiorno, simbolo stesso della milanesità catodica. Gradualmente, il Cavaliere capisce che la vera legittimazione nazionale non può fermarsi alla Val Padana. Le prime iniezioni capitoline hanno il volto dell’ironia bonaria di Corrado e la rassegnata arguzia (all’epoca) di Costanzo.

Il progressivo spostamento del baricentro della rete ammiraglia continua con il Tg5, la cui redazione centrale fu da subito Roma, fino ad arrivare alla conquista di Cinecittà con la De Filippi e della Garbatella con Claudio Amendola. Una colonizzazione geografica che diventerà, stagione dopo stagione, colonizzazione dell’immaginario. Potere mediatico che diventa potere politico.

Le tappe successive sono cronaca di questi giorni e indubbiamente frutto, almeno in parte, di un clima culturale: il Berlusca che si impadronisce del potere nazionale, mollemente adagiato nella Capitale; la conquista del Campidoglio di Alemanno; il banchiere romano Geronzi insediato a Mediobanca. Devono essersi accorti che a Milano si beveva, ma a Roma se magnava.

Anche i Cesaroni hanno contribuito, chissà in che misura, all’affermazione di questo regime. Forse persino inconsapevolmente. Che amarezza.

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