
Era già successo con Riotta: aveva suscitato aspettative palingenetiche e sappiamo come è andata a finire (http://azionecatodica.blogspot.com/2009/04/tg1-in-camicia-informazione-in-mutande.html). Adesso abbiamo Minzolini, che ha l’aggravante di essere un retroscenista. Con questa smania di spiare quel che accade dietro le quinte, non vediamo più cosa succede sul palco: si consumano così sotto i nostri occhi scandali ed episodi di corruzione altrove impensabili.
Noi italiani ci riteniamo troppo intelligenti per giudicare i fatti per quello che sono, nudi e crudi. Vogliamo i retroscena per scoprire il complotto, l’intrigo, il manovratore occulto. Se c’è un’intercettazione, non si parla dei contenuti, si parla della legittimità della cimice. Se c’è un’inchiesta, si accusa l’accusatore, magistrato o giornalista che sia. Il merito si sacrifica sull’altare del metodo, il dito è più importante della luna.
I trombettieri di corte e quelli che guardano dal buco della serratura vengono premiati e coperti di incarichi per compensare il loro compiacente silenzio. I professionisti che conoscono la Rai e lo specifico televisivo, come Freccero e Minoli, vengono fatti invecchiare su piattaforme tecnologiche minori o lasciati nelle catacombe dorate di Rai Educational.
Il neodirettore del Tg1 Minzolini, in un’intervista a Repubblica il 20 ottobre 1994 ebbe a dire: “La distinzione fra pubblico e privato è manichea: ripeto, un politico deve sapere che ogni aspetto della sua vita è pubblico. Se non accetta questa regola rinunci a fare il politico" Chissà se la pensa ancora così.
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