giovedì 21 maggio 2009

Giro di valzer per i direttori

In poche settimane, sono cambiati i direttori di Corriere della Sera, Stampa, Sole 24 Ore, Ansa. Adesso Rai Uno e Tg1. Sono quasi sempre gli stessi nomi che passano da una testata all’altra (De Bortoli, Riotta, Anselmi, Mazza). Il solito gioco delle tre carte. “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi!” (Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo)

Era già successo con Riotta: aveva suscitato aspettative palingenetiche e sappiamo come è andata a finire (http://azionecatodica.blogspot.com/2009/04/tg1-in-camicia-informazione-in-mutande.html). Adesso abbiamo Minzolini, che ha l’aggravante di essere un retroscenista. Con questa smania di spiare quel che accade dietro le quinte, non vediamo più cosa succede sul palco: si consumano così sotto i nostri occhi scandali ed episodi di corruzione altrove impensabili.

Noi italiani ci riteniamo troppo intelligenti per giudicare i fatti per quello che sono, nudi e crudi. Vogliamo i retroscena per scoprire il complotto, l’intrigo, il manovratore occulto. Se c’è un’intercettazione, non si parla dei contenuti, si parla della legittimità della cimice. Se c’è un’inchiesta, si accusa l’accusatore, magistrato o giornalista che sia. Il merito si sacrifica sull’altare del metodo, il dito è più importante della luna.

I trombettieri di corte e quelli che guardano dal buco della serratura vengono premiati e coperti di incarichi per compensare il loro compiacente silenzio. I professionisti che conoscono la Rai e lo specifico televisivo, come Freccero e Minoli, vengono fatti invecchiare su piattaforme tecnologiche minori o lasciati nelle catacombe dorate di Rai Educational.

Il neodirettore del Tg1 Minzolini, in un’intervista a Repubblica il 20 ottobre 1994 ebbe a dire: “La distinzione fra pubblico e privato è manichea: ripeto, un politico deve sapere che ogni aspetto della sua vita è pubblico. Se non accetta questa regola rinunci a fare il politico" Chissà se la pensa ancora così.

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