mercoledì 13 maggio 2009

L'insostenibile leggerezza del non essere

Dagospia è il sito della nuova classe dirigente: quelli che ci capiscono, sono up, sono cool, sono smart, key user e opinion leader, fanno parte del jet-set, business-oriented, pulp e cult ma attenti al gossip.

Liberamente ispirato al Drudge Report a stelle e strisce, il sito animato da Roberto D’Agostino è il testimone di questi anni cafonal: imperdibili le foto delle feste del generone romano, grandiosa metafora, il potere che se magna tutte le tartine, tra décolleté vertiginosi, teste ossigenate e labbra botulinate, tacchi 12 e abbronzature fuori stagione.

Possiamo solo immaginare il sonoro di quelle memorabili nottate capitoline, fatto di riservatissime conversazioni su appalti e poltrone, casting ed elezioni, campagne elettorali e pubblicitarie, retroscena e vernissage. Leggiamo avidamente chi c’era all’ultimo cocktail perché sappiamo che il potere nasce lì, tra un’oliva e un Cosmopolitan.

Ripercorriamo col mouse le ultime settimane del Dago: tra pissi pissi e indiscrezioni, contiamo decine di nomi candidati a dirigere il Tg1 o il Corriere o l’Accademia della Crusca. Enumerati papabili rettori, allenatori, conduttori, assessori, professori: sappiamo già che il 95% di quelle previsioni non si avvereranno. Sono depistaggi, fatti per bruciare gli sfigati e avvantaggiare qualche outsider, habitué del salotto più à la page.

Le lunghe liste di candidati trombati ci fanno riflettere su tutto il tempo perso a immaginare scenari di fantapolitica, fantagiornalismo, fantacalcio, fantaqualsiasicosa. Pensandoci bene, anziché leggere Dagospia, noi usciamo a mangiarci un bel gelato. Una volta decisi i nomi, fateceli sapere e non se ne parla più.

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