domenica 10 maggio 2009

Berlinguer non ti voglio bene

Nel 1976 il Pci raggiunse il 34% dei voti, suo massimo storico. I voti comunisti di quegli italiani non furono però mai spendibili, né prima né dopo, in una coalizione di governo. Perché?

Le ragioni sono storiche e numerose. Vogliamo qui concentrarci sull’immobilismo culturale del Pci che, con la sua politica dei “piccoli passi”, non seppe rispondere adeguatamente all’evoluzione della società italiana, allontanandosi da Mosca troppo lentamente.

In quegli anni, era ancora la religione ad esercitare un ruolo centrale nell’immaginario e nelle convinzioni degli italiani, frenando le aspirazioni maggioritarie di Botteghe Oscure. L’armamentario ideologico del partito era ingombrante, visto con diffidenza dalla maggioranza cattolica degli italiani.

La successiva secolarizzazione della società italiana ha progressivamente sostituito la religione con una cultura di massa sempre più diffusa, improntata al materialismo edonista: al comunismo, la società italiana preferì il consumismo. L’inadeguatezza del Pci ebbe il volto dell’amatissimo segretario Berlinguer che, attraverso il suo intransigente rifiuto del nuovo mondo dei consumi, di sapore americaneggiante, fece perdere al partito per la seconda (e definitiva) volta l’appuntamento con la storia.

L’austerità e l’idealismo incarnati dal leader sardo, se da un lato confortavano quanti si sentivano parte della community comunista, dall’altro lasciavano ampi strati della popolazione irresponsabilmente esposti al “nemico” e alle sue nocive radiazioni catodiche. Canale 5, nato nel 1980, fu giudicato dalla cultura altra e alta come un veicolo marginale, con snobistico senso di superiorità.

Oggi sappiamo che la tv commerciale ha innegabilmente contribuito a diffondere populismo e volgarità, allargando sempre più il solco tra il cosiddetto
ceto medio riflessivo e i settori più profondi, e affollati, della società. Questa contrapposizione tra élite e “pancia” dell’opinione pubblica ha, negli anni, avuto effetti disastrosi, impedendo la creazione di una cultura di massa autenticamente progressista e riformista.

Il tardivo abbraccio dei valori del libero mercato da parte del centrosinistra è risultato poco credibile: l’attuale Partito Democratico rinuncia addirittura, fin dalla sua denominazione, a qualsiasi ispirazione persino socialista o socialdemocratica. La coalizione di centrosinistra è riuscita ad affermarsi solo se guidata da un democristiano come Prodi. Snaturandosi e in mancanza di un modello culturale credibilmente alternativo, tra l’originale e la fotocopia la gente preferisce l’originale.

E' arrivato il momento, da parte dell’attuale gruppo dirigente del PD, di avviare finalmente un’autocritica seria e documentata delle scelte politiche presenti e, soprattutto, passate. Cercando di analizzare più lucidamente anche la segreteria di Berlinguer, fino ad oggi più osannata che criticata, e il ritardo storico di cui è stata vittima, ma che ha contribuito a prolungare.

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