Le parole sono importanti, diceva Nanni. Anche i nomi. Già dal titolo, due dei più importanti programmi di attualità ci lanciano un messaggio. Il primo rievoca implicitamente i noiosi tentativi di vendita a domicilio che, al citofono o sull’uscio di casa, ci fanno perdere tempo e pazienza. Bruno Vespa diventa un testimone di Geova catodico, un petulante venditore Stanhome, un agente della Folletto che vuole a tutti i costi rifilarci le sue spazzole.
Di Ballarò abbiamo già detto: ricalcando quel che accade nell’omonimo mercato palermitano, si trasforma regolarmente in un suk nel quale i richiami dei venditori di tappeti cercano di convincerci della bontà della loro merce, urlando più forte dei concorrenti. Come nelle fiere di paese, si tratta di piazze virtuali caotiche e barocche; un circo appesantito da elementi extra-informativi (pubblico in studio, starlette ospiti, comici…) che dura due ore e passa a puntata. Altro che 60 minutes.
La Tv di Stato si apre al mercato. In tutti i sensi. Forse un modo subliminale, o anche inconsapevole, per segnalare che si tratta di spazi in vendita al miglior offerente.
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