lunedì 3 novembre 2008

Virus, anticorpi e portatori sani

Domani si elegge il nuovo Presidente degli Stati Uniti d'America. Anche se il mondo è multipolare, e gli USA hanno perso la centralità di un tempo, si tratta comunque di un avvenimento storico, in grado di influenzare il futuro di tutti noi.
Chi ha seguito la campagna elettorale americana si è reso conto di una differenza fondamentale rispetto a quanto avviene da noi: il ruolo della stampa come vero "cane da guardia" del potere.
Un talk-show brillante (e non giornalistico) come quello di David Letterman ha continuato a prendere in giro il candidato repubblicano McCain dopo una "bidonata" che l'anziano reduce aveva rifilato all'anchorman della CBS, non presentandosi in studio all'ultimo momento. Le battute al vetriolo su di lui si sono sprecate sera dopo sera, costringendolo alla fine a ritornare sui suoi passi, accettando di essere ospitato dal grande Dave.
Cosa sarebbe successo da noi? La trasmissione sarebbe stata accusata di faziosità in piena campagna elettorale, risucchiata in un vortice di polemiche, probabilmente isolata, non difesa dai colleghi, infine chiusa. Con tanti saluti alla libertà di espressione.
I nostri giornalisti, salvo poche felici eccezioni, sono infatti animali da salotto. Il loro obiettivo non è quello di informare i cittadini, ma quello di compiacere l'ipertrofico ego di una gerontocrazia politica impresentabile. Portatori sani di microfono, si autocensurano guardandosi bene dal fare domande scomode. Gli italiani vedono i giornalisti come “incompetenti, bugiardi, di parte, malati di protagonismo, ma anche insostituibili e indispensabili per tutta la società", secondo una recente indagine proprio dell'Ordine dei Giornalisti della Lombardia.
Del resto quale credibilità può avere un giornalista che viene stipendiato da un politico, come accade per buona parte della stampa italiana?
Un'informazione malata e distorta comporta necessariamente un cittadino poco consapevole e "ignorante", in senso tecnico: le sue scelte saranno quindi determinate in funzione di cio che sa (e di ciò che non sa), svuotando quindi la democrazia "dal di dentro", lasciando intatto solo un esteriore apparato istituzionale fatto di corazzieri e stanchi rituali.
Barack Obama, il candidato democratico alla Casa Bianca, ha detto: "Quello che c'è di sbagliato in America può essere risolto con quello che c'è di giusto in America". Bellissima frase che, partendo dalla constatazione che si tratta di una società con molte distorsioni, come la recente crisi economica ha evidenziato, stiamo parlando di un sistema che ha in sè gli anticorpi giusti, e tra questi certamente c'è l'informazione.
L'Italia non può dire altrettanto: sessant'anni di democrazia non hanno prodotto gli anticorpi necessari per reagire a virus devastanti come il populismo, che stanno trovando terreno fertile in questi anni. L'opinione pubblica è frastornata e confusa, i giornalisti non sono la bussola di nessuno, perdendo così la loro funzione di intermediazione, necessaria in una democrazia matura.
L'attuale situazione mi ricorda il quadro di Magritte nel quale è raffigurata una pipa, ma sotto una didascalia spiega "Questa non è una pipa". Infatti è l'immagine di una pipa. Con il nostro sistema democratico dovremmo trovare, da qualche parte, la forza di essere altrettanto espliciti.

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