Tornando verso casa, mi sono imbattuto in un manifesto. Non ricordo neanche se appartenesse ai guelfi o ai ghibellini, tanto ormai è la stessa cosa. Recitava più o meno: "Avete rovinato Roma. Ancora parlate?".
I toni della politica sono quelli del bar dello sport. A furia di rincorrere il linguaggio della "gggente", il mito della semplificazione ha generato imbarbarimento, populismo, demagogia. Siamo passati dalle "convergenze parallele", sinonimo di un lessico politico astruso, a "Ancora parli?". Nel prossimo manifesto mi aspetto di veder scritto "Ti aspetto all'uscita".
Ancora ieri sera. Dalla finestra di un condominio lasciata socchiusa, sento una tv accesa e la volgarità tamarra di Maria De Filippi: il sabato circa sei milioni di italiani scelgono quel programma. Si sta formando la classe dirigente di domani.
Ma io ho ancora nelle orecchie i sax, il bandoneón, lo xilofono e quella voce arrochita dal fumo. Per una notte, la nobiltà dell'arte di un conte musicista mi rende indifferente a queste miserie. Metto la chiave nella porta di casa. Fuori piove un mondo freddo...
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